Page 67 - Federico II e la ribellione del figlio
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nuovi che di solito gli viene attribuito […]. C’era stato,
sí, un momento, una fase della storia italiana, in cui la
corona avrebbe, forse, potuto far causa comune con le
città, legarle saldamente al proprio destino; ed era stato
quando le città, nella faticosa ascesa verso l’autonomia
politica [corsivo nostro], lottavano contro la feudalità
[…]. I Corradi II, gli Enrichi III, IV e V non avevano
saputo cogliere quell’occasione storica. Ora era troppo
tardi […]. Ma quell’occasione […] si presentava a lui in
Germania, dove il processo autonomistico delle città era
ancora nelle sue fasi iniziali e dove, contrastato insieme
dalla corona e dai principi, mai raggiunse gli sviluppi
che ebbe in Italia né divenne, come in Francia, anche se
in piú ristretti limiti autonomisti, un valido, coerente e
continuato sostegno della corona. 87
Abbiamo voluto indugiare sul pensiero di Sestan,
riportandolo con le sue stesse parole, perché – come già
rilevato – esso può essere assunto ad emblema di una
posizione molto radicata.
La storia è stata generosa con Enrico – ha commentato
Abulafia – […] quale compito piú nobile che combattere
per la creazione di uno Stato germanico compatto, sei
secoli e mezzo prima di Bismarck? 88
Il giudizio di Sestan pone due questioni diverse,
ancorché connesse. La prima è nell’affermazione di un
Federico incapace di vedere nelle città «una delle forze
storiche piú vive e possenti del suo tempo e del tempo