Page 54 - Federico II e la ribellione del figlio
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Il termine «scandalo» non viene certo usato a caso,
avendo una ben determinata valenza teologico-canonica.
Scandalo aveva ormai da tempo assunto una
connotazione etica con lo specifico significato di
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‘violenza capace di turbare la pace sociale’. Nel
linguaggio della Chiesa, in particolare, scandalo divenne
sinonimo di ‘peccato di grado massimo’, perché capace
di coinvolgere non la sola coscienza individuale ma, per
la sua gravità e rilevanza pubblica, di turbare la
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coscienza collettiva, attentando alla quies fidelium e
alla loro stessa salvezza. È difficile non sentire,
nell’evocazione del termine usato dal papa, l’eco delle
parole di Gesú: «guai al mondo per gli scandali! […] ma
guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo»
(Matteo, 18 7).
Enrico, ormai completamente isolato nel mondo
cristiano (l’accordo con la Lega non gli era in ciò
d’alcun aiuto), irragionevolmente sperava ancora nella
fedeltà e sostegno delle città da lui favorite e della
nobiltà minore. A maggio, come minacciato, Federico
giunse in Germania per la resa dei conti. Il cronista di
Ebersbach cosí descrive il suo trionfale ingresso:
Avanzò con gran pompa e magnificenza, come si addice
alla maestà imperiale, con numerosi carri pieni d’oro e
d’argento, bisso e porpora, pietre preziose e molti
cammelli e dromedari. A guardia delle sue ricchezze vi
era un gran numero di Saraceni ed Etiopi esperti in
diverse arti, che recavano scimmie e leopardi. Giunse