Page 53 - Federico II e la ribellione del figlio
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padre David, «l’inclito re d’Israele, nostro predecessore»
(HB, IV/2 p. 528; ricordo-comparazione che, lo abbiamo
già rilevato, ripeterà quasi ossessivamente ogni volta che
accennerà alla spinosa vicenda del conflitto col figlio).
Enrico, apparentemente imperterrito, dopo
quest’inequivoca chiamata a raccolta di tutti i principi
dell’Impero, fatta dal padre, per costringerlo alla
definitiva sottomissione, ancora a metà marzo compí un
atto ostile verso un potente esponente della feudalità di
Germania. Pose infatti sotto la sua speciale protezione
l’abbazia e la città di Selze sulle quali Ermanno,
marchese di Baden, vantava l’advocatia, fonte di non
pochi proventi (ivi, p. 719).
Ma il cerchio ormai si andava stringendo intorno a
lui. In quegli stessi giorni anche il papa si era schierato
ufficialmente dalla parte del padre con una lettera
indirizzata «agli arcivescovi, vescovi e agli altri principi,
sia ecclesiastici che secolari facenti parte dell’Impero».
In essa il papa invitava i destinatari a ricondurre Enrico
sulla retta via e a sentirsi ormai esonerati dal giuramento
di fedeltà a lui. Che un figlio osasse offendere il padre
veniva infatti giudicato «indegno e vergognoso» e fonte
di «scandalo». Termine significativamente ripetuto in
altra lettera inviata, nello stesso giorno, da Gregorio IX a
quei vescovi (tra essi Ermanno vescovo di Würzburg,
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beneficato da Enrico) che avevano manifestato
solidarietà al giovane re, minacciandoli di sanzioni
canoniche e convocandoli a Roma per discolparsi (HB,
IV/1 pp. 531-32).