Page 40 - Federico II e la ribellione del figlio
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referenze Corrado si lanciò nella persecuzione degli
eretici, ritenendosi investito della missione divina di
purgare il mondo anche di chi fosse solo sfiorato dal
sospetto di eresia.
Un cronista del tempo ben descrive il suo modo
d’agire: «il giorno stesso in cui uno era accusato,
giustamente o ingiustamente, senza che gli venisse
accordata la possibilità di appellarsi o l’opportunità di
difendersi, veniva condannato e gettato alle fiamme»,
riportando poi la giustificazione accampata dai suoi
fanatici seguaci: «Bruceremmo volentieri cento
innocenti per eliminare anche un solo colpevole annidato
tra loro. Ed ecco che il Paese tremò dinanzi a costoro, e
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pure i potenti si sentirono deboli». Il crescendo di
persecuzioni, con i roghi che ardevano in ogni angolo
della Germania, provocò un moto di reazione
generalizzata, al quale aderí finanche buona parte dei
vescovi.
Gregorio IX continuava però a sostenere la linea
dell’intransigenza. Nel giugno del 1233 in tal senso si
rivolse a Corrado di Marburgo, all’imperatore Federico e
a re Enrico. Al primo, tra molti elogi, scrisse:
In forza dell’autorità di legare e sciogliere conferitaci
indegnamente da Dio, noi – a tutti coloro che, sinceri
penitenti e confessi, si accingano allo sterminio degli
eretici – elargiamo quello stesso privilegio
dell’indulgenza concesso a quelli che hanno combattuto
in Terra Santa. 44