Page 18 - Federico II e la ribellione del figlio
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mare, quali perfidi parricidi, racchiusi in ferali
contenitori […]»: HB, VI/1 pp. 438-39). Uno storico
cinquecentesco, Pandolfo Collenuccio, ha cosí descritto
la pena del culleo inflitta da Federico ai traditori:
cuciti in un sacco di cuoio e con ciascuno di loro postovi
dentro un cane, una scimia, un gallo e una vipera, furono
gittati in mare; accioche privati dell’uso di tutti gli
elementi, fossero, ancor vivendo, da quegli animali,
insieme nemici e per fame rabbiosi, lacerati e
consumati. 14
Federico volle insomma fare rivivere pienamente
l’ideologia romana della patria potestas, fuori tempo
perché molto era cambiato nella vita reale (la Chiesa, per
esempio, in linea con gli insegnamenti di Pietro
Lombardo [1100-1160], prevedeva ormai come
condizione di validità del matrimonio il solo, libero
consenso degli sposi). E, senza sconti, fece pesare una
tale concezione sul giovane Enrico anche dopo che
questi ebbe raggiunto la maggiore età, innalzata a
diciotto anni, rispetto ai quattordici che erano valsi per
lui. In tutto Enrico dovette piegarsi alla volontà paterna,
dalla gestione degli affari pubblici, alla scelta
matrimoniale e finanche alle sue successive scelte
sentimentali.
Enrico era nato nella prima metà del 1211 dal
matrimonio di Federico, quindicenne, con la
venticinquenne Costanza d’Aragona, vedova già da
cinque anni di Emerico, re d’Ungheria. Fu lei, fino