Page 14 - Federico II e la ribellione del figlio
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l’atroce ribellione di un figlio. Giordano, cui aveva
concesso onori e fiducia, tentò infatti di detronizzarlo.
Ruggero riuscí a sventare il complotto, infliggendo a
dodici suoi complici l’atroce supplizio
dell’accecamento, «ma da quel momento poté disporre a
suo piacimento del figlio terrorizzato», scrive Goffredo
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Malaterra, il cronista che ci ha tramandato la notizia, il
quale, considerando saggiamente misericordioso il
comportamento del granconte (ma solo verso il figlio!),
dopo aver evocato le parole del Salmista («Misericordia
e verità si sono incontrate, giustizia e pace si sono
baciate»), aggiunge: «Si deve infatti praticare la
misericordia, se pure in una misura tale che la giustizia
non risulti indulgente piú del dovuto».
Anche Federico, come il cantore delle gesta del
bisnonno, nella lettera d’annuncio al mondo della morte
di Enrico aveva voluto ostentare la misericordia, virtú
teologale che, nella concezione cristiana, riposa su di un
gradino piú alto di quello della giustizia, virtú cardinale.
Aveva anzi aperto la lettera con quella parola, forse
anche perché in quel tempo il rapporto misericordia-
giustizia era diventato assolutamente centrale
nell’insegnamento di canonisti e teologi, i quali
predicavano che la giustizia dovesse essere sempre
dulcore misericordiae temperata. Federico, che nel
contrasto col Papato – latente o esplosivo secondo le
circostanze – aveva l’assillo di farsi identificare dal
mondo come rex christianus, non voleva perciò farsi
etichettare come quei principi redarguiti da Abelardo: