Page 98 - Federico II - Genio dei tempi
P. 98
truppe e i signori, ma anche i mulini, gli edifici per immagazzinare i viveri,
le scorte delle armi e le macchine militari.
Ma è anche vero che la cultura delle crociate era nota a Federico ben
prima di toccare il suolo della Terrasanta; dobbiamo quindi tener presente
altri aspetti: notizie, informazioni sollecitate con insistenza e ottenute
con alti compensi, mastri e persino modesti tagliapietra «orientali» che
vivevano nelle corti europee e più in particolare alla corte di Federico.
E anche storie, poesie, leggende, disegni e mirabilia d’Oltremare
rappresentate nei codici e ammirate nella cerchia della corte, raccontate
nelle piazze, senza parlare dell’importante presenza nelle regioni costiere
e nei porti del regno di Federico - a Brindisi, a Barletta, a Trani, a Messina,
a Palermo e così via - di quei formidabili costruttori e intellettuali che
erano gli uomini degli Ordini religiosi cavallereschi che operavano in
Terrasanta.
L’interesse scientifico vero e proprio era preparato dall’attrazione
istintiva e dalla curiosità dell’imperatore verso quelle forme
e quegli stili: un’attitudine dove aveva grande importanza anche
{‘imprinting ricevuto nell’infanzia vissuta in Sicilia. Quei castelli Federico
li aveva potuti dunque immaginare anche prima di vederli e visitarli in
Terrasanta, eminenti nel paesaggio brullo e dorato e insieme quasi celati,
durante i pochi intensi mesi della crociata.
Il modello più straordinario, che per fortuna ci resta intatto nella sua
maestosa nudità, è quello razionale e incombente - qualcuno dice cupo e
minaccioso - di Castel del Monte nell’Alta Murgia. Lo si è visto e chiamato
in molti modi: il Fiore di Pietra, la Stella della Murgia, la corona di Puglia;
è stato paragonato a un cristallo tagliato con precisione, a una forma
simbolica ricca di significati esoterici, a un mausoleo, a un osservatorio
degli astri, a una solitaria e altera residenza di caccia. Innegabile il contrasto
evidente fra «l’assoluta razionalità costruttiva e concettuale dell’edificio e
quella che pare l’indubbia inutilità sul piano pratico e funzionale» (Cardini
2000) di una costruzione così imponente ma isolata dal contesto delle
strade della Murgia, senza scuderie, senza cucine e forse senza neppure
una cappella.
Ma è l’intero castello ad apparire un luogo sacro, una scena preparata al
rito. La pianta la si conosce anche prima di vederla tanto è stata celebrata,
disegnata e fotografata: due quadrati concentrici, ruotati di 45 gradi l’uno
sull’altro, determinano un ottagono che si ripete agli angoli del corpo
centrale in otto torri ottagonali incastrate nel corpo centrale per due lati.
Quindi una forma perfetta di cinquantasei facciate, tante quante - nota
qualcuno con inquietudine - gli anni che Federico vivrà. All’interno sedici
— 92 —