Page 97 - Federico II - Genio dei tempi
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costruite in quelle città e in quei luoghi e che non sono in mano nostra
          vengano consegnate ai nostri messi per essere abbattute». Così era del

          resto già stato stabilito dieci anni prima nelle Assise di Capua.
             Il castello è il centro concreto che irraggia un potere nascosto e protetto
          dalle  mura,  è  al  limite  inaccessibile  e  esclusivo,  è  difesa  o  possibile
          organizzazione  della  rivolta,  chiuso  in  se  stesso  anche  visivamente

          nel  paesaggio  del  regno.  Federico  nella  sua  adolescenza  aveva  ben
          sperimentato  la  forza  oscura  e  faziosa  dei  potenti  locali,  normanni  o
          tedeschi, che miravano ad annullare o negare l’efficacia della presenza
          regale e da là, dalle loro mura turrite, si muovevano per abbatterla. Nell’anno

          delle Costituzioni melfitane (1231) aveva scritto che «l’imperatore (e il re)
          è in ogni luogo» e quindi deve essere anche nei castelli, orgogliosa opera
          sua  dopo  che  gli  altri  edifici  qualificati  tutti  come  «sedi  del  nemico»
          fossero stati abbattuti.

             Diciamo  subito  che  alcuni  castelli  dell’imperatore  erano  luoghi
          eccellenti, e celebrano ancor oggi con un impatto visivo straordinario le
          idee fondamentali della sua regalità.
             Costruire  o  restaurare  un  castello  comportava  però  grandi  spese  e

          tuttavia, anche quando è costretto dalla guerra permanente a
             far fronte a pesantissime uscite, Federico non trascura questa voce nel
          suo difficile bilancio. A Foggia nel 1240 ascolta preoccupato il quadro che
          gli fanno i funzionari di Puglia: interi edifici normanni abbandonati sono

          a cielo aperto, ma egli esorta a metter mano per ripararli subito senza
          stravaganze e andando al sodo. Così avviene a Gioia del Colle e Bari, per
          esempio.
             Se  si  guarda  alle  date,  pochi  però  sono  nel  regno  i  castelli  voluti

          espressamente  da  Federico  risalenti  a  prima  del  1228:  viene  naturale
          chiedersi  se  «non  solo  forme  e  strutture  dei  singoli  castelli  ma  l’idea
          stessa  di  costruirli  sia  sorta  da  quanto  l’imperatore  aveva  visto  nel
          regno di Gerusalemme» (Cadei 1994). L’idea non era nata allora (i suoi

          avi normanni avevano costruito molti castelli), ma certo si rafforzò dopo
          la crociata. Dobbiamo tuttavia ricordare che gli anni di relativa pace in
          cui Federico potè dedicarsi al suo regno siciliano furono meno di dieci,
          appunto quelli che vanno dal 1231 al 1239, fine definitiva della precaria

          concordia con il papato.
             L’influenza della architettura dei castelli crociati e dell’arte degli edifici
          islamici sull’opera di Federico sembra oggi innegabile. Nei domini crociati
          il castello era l’unico rimedio possibile alla scarsità degli uomini, coloni o

          soldati che fossero. Bisognava allora fortificare tutto il possibile, isolare
          in modo imponente e sicuro nello spazio vuoto e desertico non solo le



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