Page 89 - Federico II - Genio dei tempi
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LA LINGUA E LA POESIA
La questione della lingua originaria o lingua perfetta ha ossessionato il
pensiero europeo ed è stata particolarmente sentita nei secoli medievali
durante i quali nacquero le lingue volgari. È attraverso il linguaggio (i
sette giorni della Creazione sono scanditi da inizi identici: «E Dio disse»)
che Dio dà vita al mondo, ai cieli, alla terra, alle piante, agli animali e infine
all’uomo.
Allora tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Ora avvenne
che emigrando dall’Oriente gli uomini trovarono una pianura nella
regione di Sennaar e vi abitarono e si dissero l’uno con gli altri... «Venite,
fabbrichiamoci una città e una torre la cui cima tocchi il cielo, facciamoci
così un nome per non disperderci sulla faccia della terra». Ora il Signore
scese per vedere la città e la torre e... disse «Ecco essi sono un popolo
solo ed hanno tutti una stessa lingua: questo è l’inizio delle loro opere...
Confondiamo la loro lingua affinché non si capiscano l’un l’altro...».
L’ebraico venne riconosciuto nei secoli medievali come la lingua
originaria, nata nell’Eden e parlata da Adamo ed Eva, mantenuta poi
da Dio in Israele affinché il Cristo venuto sulla terra potesse parlare un
linguaggio non contaminato dal peccato degli uomini. Anche il greco, altra
lingua sapienziale, proveniva dall’ebraico, e il latino a sua volta dal greco:
a questa convinzione i medievali erano arrivati con diversi ragionamenti: i
teologi citavano l’iscrizione della croce («Gesù Nazareno Re dei Giudei»)
scritta secondo l’evangelista Giovanni (XIX, 20) appunto in ebraico, greco
e latino, mentre i grammatici consideravano vere lingue, degne di essere
studiate, solo queste tre a causa della ratio della loro struttura.
Fra’ Salimbene aggiunge a queste l’arabo, nella sua testimonianza
a proposito del famoso crudelissimo esperimento che sarebbe stato
escogitato e tentato da Federico II (si tratta in realtà di una ripresa di un
racconto di Erodoto). L’imperatore, secondo Salimbene, avrebbe isolato
completamente da ogni contatto umano (salvo la nutrizione e le cure più
elementari) alcuni neonati per cercare di scoprire quale lingua avrebbero
parlato spontaneamente, «l’ebraico, il greco, il latino o la lingua dei loro
genitori». Ma tutti i bambini morirono quasi subito perché - osserva
acutamente il frate - «non si può vivere privi dei gesti, delle tenerezze, dei
sorrisi e delle parole delle nutrici che si prendono cura dei neonati».
La lingua parlata dalle nutrici era presumibilmente quel volgare, o
meglio uno di quei volgari, che gli studiosi di grammatica non degnarono
di analisi se non più tardi. Coloro che poetavano in volgare siciliano,
come e con l’imperatore, si trovavano di fronte al problema di trasformare
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