Page 83 - Federico II - Genio dei tempi
P. 83
fondamentali della scienza e la metodologia della ricerca. Con la lettura
dei suoi testi accompagnati dai commenti di Averroè si introducono nella
cultura medievale atteggiamenti scientifici nuovi: il cosmo, uscito dalle
mani del Creatore, acquista una autonomia che fonda la filosofia naturale
come ricerca delle ragioni fisiche del mondo indipendenti da quelle
sovrannaturali. Nasce una «teoria unificata» della natura (Bianchi 1997)
dotata di caratteri propri, spiegabili razionalmente, che confluiscono a
formare un paradigma scientifico di lunga durata nel quadro europeo.
Il mondo naturale è pensato come un sistema di sfere al cui centro sta
la terra immobile. È un mondo diviso dal cielo della luna in due regioni
distinte, anche gerarchicamente: la regione sublunare, formata dalla
mescolanza dei quattro elementi classici (terra, acqua, aria e fuoco), dotati
di un moto rettilineo diretto verso il loro «luogo naturale», è la regione del
mutamento, della corruzione e della morte e viene avvertita, dal lettore
cristiano, anche eticamente come lo spazio dell’instabilità e della fragilità
umane segnate dal peccato e dalla difficoltà del vivere nell’ordine e
nell’armonia.
Al disopra della luna il cosmo costituisce tutt’altra realtà: la «quinta
essenza» è l’elemento incorruttibile degli astri, il cui moto circolare,
uniforme e perenne, influenza il mondo sottostante, salvo gli atti di
intelligenza e di volontà umane che i teologi cristiani vogliono mettere al
riparo dal potere determinante delle stelle. Non così i corpi umani che, al
pari di quelli degli altri animali, delle piante e di tutte le altre cose esistenti
sulla terra, subiscono l’influenza astrale: qui si fondava la sottile e temibile
potenza dell’astrologia. E degli astrologi, come abbiamo visto.
Questa non era che una delle possibili implicazioni del sistema
aristotelico avvertite come estranee o addirittura incompatibili con la
visione cristiana del mondo: fu essenzialmente nella università di Parigi
che lo scontro si avvertì nel modo più clamoroso, mentre a Napoli, come del
resto ad Oxford e a Padova, il «ritorno di Aristotele» avvenne in modo più
graduale e con meno scosse. Le censure parigine si susseguirono precise
e dure: la prima nel 1210 proibì di «far lezione sui libri di filosofia naturale»,
cinque anni dopo lo statuto del legato pontificio ribadì il medesimo punto
di vista, mentre sui temi di logica e di etica veniva accordato il permesso
al commento e alla lezione, anche se va tenuto presente che le censure
avevano valore locale e riguardavano solo l’insegnamento e non lo studio
personale dei testi.
Nel 1231 il pontefice Gregorio IX ordina un esame preliminare che
«purghi dai sospetti di errore» i testi aristotelici allo scopo di «poterli poi
studiare senza pericolo». È un intervento di fatto privo di energia e oramai
— 77 —