Page 78 - Federico II - Genio dei tempi
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nelle loro menti il significato stesso dell’essere divino: l’approfondimento
è proibito alle masse dal momento che per la loro felicità è sufficiente
sapere solo quanto davvero sono in grado di capire».
Giuda ben Salomone ha-Cohen aveva soltanto diciotto anni quando
iniziò a discutere di filosofia e di problemi astronomici alla corte di
Federico. Racconta: Quando vennero esposte queste soluzioni davanti
all’imperatore (che la sua gloria sia sempre esaltata) egli si felicitò delle
risposte che avevo dato a colui che pretendeva di essere un filosofo. Ci
furono fra noi discussioni, domande e risposte, così numerose da non
poterle esporre completamente. Ciò si prolungò per circa dieci anni
durante i quali visitai le terre imperiali e vidi con i miei occhi la saggezza
delle sue azioni e dei suoi affari, incontrai i suoi sapienti, i suoi scribi, i
consiglieri e conobbi il cibo della sua tavola... [cit. in Sirat 1994].
Accadde anche che Giuda discutesse con un sapiente cristiano della
situazione infelice del popolo ebraico, privo della guida di un re, senza
terra né ricchezze. «Un saggio cristiano mi fece questa domanda: ‘se
Dio vi ha scelti come popolo santo... perché si ha l’impressione che siate
sgraditi a tutto il mondo?’».
Non era una domanda rara nelle dispute di quel tipo: la possiamo trovare
un secolo prima nel Dialogo fra un filosofo, un giudeo e un cristiano di
Abelardo e più di un cenno vi è pure nell’opera dell’abate di Westminster,
amico di Anselmo d’Aosta, Gilberto Crispino, Disputalo judaei et christiani.
Ma nel dibattito testimoniato da Giuda ben Salomone l’analisi è assai
ampia e la risposta dell’ebreo ben documentata e significativa. Notevole
è soprattutto il fatto che l’interlocutore cristiano si basi su alcuni passi del
Talmud, che non viene né attaccato né ridicolizzato: ricordiamo che nel
1240 una copia del Talmud fu bruciata a Parigi dopo una controversia fra
cristiani ed ebrei alla quale era presente il re san Luigi.
Del resto Mosè ibn Tibbòn scrive:
Mi sono reso conto che i Gentili hanno escogitato stratagemmi contro
di noi e indagato a fondo le nostre tradizioni ma essi si prendono gioco di
noi e dei nostri antichi saggi che hanno composto il Talmud a causa delle
haggadahah [i racconti rabbinici] che sembrano sfidare l’intelligenza
anche se la maggior parte di esse ha un senso per chi comprende i loro
segreti [cit. in Sirat 1994].
Secondo Mosè ibn Tibbon questa derisione è in certo modo motivata,
dal momento che gli interpreti hanno illustrato le narrazioni in senso
letterale «non distinguendo gli eventi miracolosi da quelli normali che
avvengono secondo il comune corso naturale e non comprendendo la
differenza fra ciò che è possibile e ciò che è impossibile»; Soprattutto -
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