Page 75 - Federico II - Genio dei tempi
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gli avevano suggerito per l’unione coniugale». Dopo aver consumato il
matrimonio di mattina, affidò la moglie ad alcuni mori armati e ad anziane
ancelle, raccomandandosi, quasi fosse già sicuro della sua gravidanza
«di custodirla con attenzione perché aspettava un figlio maschio». Gli
astrologi lo avevano illuso come accadrà a Parma vent’anni dopo: Isabella
l’inglese partorirà per prima una femmina.
A Michele Scoto succede nelle funzioni a corte Teodoro di Antiochia,
certamente meno famoso del suo predecessore. Astrologo, indovino e
medico, ma ricordato soprattutto con il titolo di filosofo, Teodoro curava per
l’imperatore anche la corrispondenza con il sultano di Tunisi, il cui nipote
era fuggito in Italia (una fuga che aveva suscitato alla corte pontificia
qualche speranza di conversione al cristianesimo). Dall’anno 1238 Teodoro
è ricordato più volte alla corte imperiale: a Brescia, dove zittisce con i suoi
sofismi due frati domenicani che saranno tratti d’impaccio da Rolando
da Cremona, e poi a Padova, dove compila un oroscopo per Federico
e più tardi prepara violette candite per Pier delle Vigne, mentre in un
documento si accenna a una sua vigna a Messina ricevuta in dono dal
sovrano.
Una lettera indirizzata all’imperatore ha per argomento «il governo del
corpo per conservare la salute». I suggerimenti appaiono abbastanza
consueti, come non mangiare fino alla sazietà o passeggiare subito dopo
pranzo, bere vino sempre e soltanto assieme al cibo e mai quando si è
affaticati, astenersi dal bere vini aciduli, troppo neri e troppo giovani, non
digiunare perché la privazione completa di cibo porta alla melanconia.
Quanto al sesso, come altri autori della scuola medica salernitana e
sapienti arabi, Teodoro ritiene che praticato con moderazione faccia bene
al corpo, rinvigorendolo, e che liberi la mente se fatto con giudizio ossia
dopo aver assunto del cibo in modica quantità e mai appena prima di
addormentarsi.
I MAESTRI EBREI
Alla corte di Federico non vivevano soltanto eunuchi e concubine arabe
(oggetto di una eccitata e fantasiosa curiosità popolare), ma naturalmente
anche sapienti musulmani e maestri cristiani, originari dell’isola che
conoscevano la cultura araba come Giovanni da Palermo. E anche ebrei
che leggevano e scrivevano in arabo e conoscevano a fondo la cultura
greca. A questi la università era preclusa: l’insegnamento quindi era
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