Page 72 - Federico II - Genio dei tempi
P. 72

animalibus di Avicenna e del De motibus caelorum di al-Bitrùj! (noto in
          Occidente come Alpetragio).

             Inquietante il giudizio di Dante che colloca nella quarta bolgia dell’ottavo
          cerchio  dell’J«/ér«o  (XX,  115-117)  l’astrologo  di  Federico  che  «delle
          magiche frode seppe il gioco» e proietta così su Michele Scoto l’ombra
          affascinante e temibile del mago. Va notato che fra’ Salimbene da Parma

          non ne parla.
             Nel Liber introductorius e nel Liber particularis, Michele con parole assai
          precise mostra di essere al corrente di teorie e pratiche della magia araba
          o dotta che si stava diffondendo in Inghilterra e a Parigi. Il Pingree ha dato

          conto di un manoscritto conservato alla Biblioteca nazionale di Firenze
          «che risulta essere una delle copie più complete in nostro possesso dei
          testi della nuova magia»: qui sono le fonti dalle quali Michele Scoto e
          anche Alberto Magno attinsero, con altri autori medievali, la gran parte

          delle informazioni e classificazioni presenti nei loro studi sull’argomento.
          Esistono  vari  tipi  di  magia:  l’opinione  di  Alberto  Magno,  condivisa  da
          altri ma non da tutti è che, oltre alla magia abominevole che fa uso di
          invocazioni e suffumigi e a una magia (anch’essa «detestabile» ma in

          minor grado) che fa ricorso a scritture ed esorcismi e deve essere come
          la prima evitata dal cristiano, ne esista una terza, legittima, che si riferisce
          al potere derivato attraverso le sfere celesti.
             L’origine della magia astronomica è rintracciata da Michele Scoto in

          Zoroastro, istruito dai demoni della Persia: da lui quel terribile sapere,
          attraverso Cam, Nemrod, Abramo e Tolomeo re di Egitto, si diffuse nel
          mondo  arrivando  poi  in  Spagna  e  in  Francia  dove  Gerberto  d’Aurillac
          comandava  ai  demoni  dell’aria.  Più  tardi  Gerberto  -  racconta  sempre

          Michele Scoto - fu illuminato da Dio e salvato, tanto da divenire arcivescovo
          e poi pontefice con il nome di Silvestro II. In questo complicato racconto
          è sottolineata tra l’altro l’importanza non solo scientifica dell’astrolabio
          che secondo Michele è utile agli astrologi per convocare gli spiriti.

             Chi era dunque Michele Scoto, arrivato nel 1220 in Italia e poi in Sicilia
          alla corte di Federico? Poco sappiamo della sua vita.
             Un documento testimonia un suo soggiorno già nel 1215 a Roma, dove
          aveva accompagnato il vescovo di Toledo Rodrigo al IV concilio Laterano.

          Collaborare con un vescovo di Toledo, in una terra così vicina e attenta
          alla cultura araba - lo sappiamo - è già qualcosa di molto significativo.
             Nel 1224 e ancora tre anni dopo, due pontefici, Onorio III e Gregorio
          IX, si occuparono di Michele Scoto, «uomo singolare per scienza fra tutti

          gli altri sapienti», a proposito di due benefici assegnatigli in Inghilterra e
          Scozia: tutto ciò indica sicuramente un rapporto privilegiato fra Michele e



                                                      —   66  —
   67   68   69   70   71   72   73   74   75   76   77