Page 67 - Federico II - Genio dei tempi
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animalibus e persino dal papa nemico, Gregorio IX. «Federico ha mutato
il titolo di Maestà in quello di officiale di caccia e invece di cercare il suo
ornamento nelle armi e nelle leggi si circonda di cani e uccelli striduli»,
scriveva sarcasticamente il pontefice.
La caccia con il falcone era diventata oramai il segno di un’educazione
e di uno stile «cortese» e tale rimase per secoli, ma non era una attività
solo piacevole o esaltante. Cacciare con il falcone come ci racconta,
proprio a proposito dell’imperatore Federico, la novella XC del Novellino,
comportava il rispetto di alcune norme etiche precise implicite ma
inserite in un codice morale e in una struttura gerarchica più ampia.
L’imperatore Federico - racconta appunto la novella - aveva un falcone
sommamente a lui caro, più bello, capace e forte degli altri: un giorno lo
lanciò a caccia di una gru che volava molto alta nel cielo. In realtà non di
una gru si trattava, ma di una giovane aquila sulla quale il falcone si lanciò
con ferocia inseguendola e buttandola a terra priva di vita. L’imperatore
accorse e adirato per l’errore del suo falcone lo punì duramente: «Allora
con ira chiamò il giustiziere e comandò che al falcone fosse tagliato il
capo perché aveva morto il suo signore». Quell’aquila che nella gerarchia
degli uccelli rapaci stava al sommo come un sovrano non poteva dunque
essere uccisa da un suddito, anche se nobile e fiero come il falco.
LA NUOVA SCIENZA
A cominciare dal XII secolo inizia nell’Occidente latino una vera
rivoluzione intellettuale, connessa anche ai nuovi protagonisti del sapere,
i musulmani arrivati in Occidente. Sono significative, anche se limitate,
le prime, decise valutazioni e informazioni riguardanti il mondo culturale
degli «arabi» contenute nelle pagine di alcuni intellettuali cristiani, come
l’inglese Adelardo di Bath e di Pietro Abelardo, maestro a Parigi, che
scrivono a questo proposito parole singolari. In entrambi gli autori, i filosofi
musulmani, gli «arabi», vengono assunti come esempi di un atteggiamento
intellettuale più aperto, vivace e fecondo di quello occidentale e cristiano.
Per Adelardo di Bath, che aveva studiato alle scuole francesi ed era
sceso in Italia e poi, forse, in Palestina e Siria, gli arabi a differenza dei
maestri parigini erano i «sapienti dai quali aveva imparato a farsi guidare
dalla ragione» soprattutto nell’indagine sulle questioni di filosofia naturale.
Quanto al maestro Palatino, Abelardo, nel Dialogo fra un filosofo, un
giudeo e un cristiano la figura dello studioso islamico, figura sulla quale
egli non possedeva notizie dirette al contrario dell’inglese Adelardo, è il
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