Page 62 - Federico II - Genio dei tempi
P. 62

stati uccisi i suoi cuccioli», scrive, si direbbe con maligna soddisfazione,
          fra’ Salimbene da Parma. Versi terribili ed estremi scritti in latino fissano

          la grandezza della sconfitta imperiale: «I quattro elementi lo avversano,
          l’acqua, la terra che lo circonda, il fuoco che distrugge i suoi accampamenti
          armati, l’aria perché egli ha disprezzato i santi misteri».
             Le belle e ricche cose che Federico ostentatamente aveva portato con

          sé finiscono nelle mani dei cittadini di Parma esultanti e sbalorditi da tale
          magnificenza: oro, argento, perle, porpora e tessuti di seta, una schiera di
          donne di singolare bellezza, lo scettro, il sigillo di Sicilia e la pesantissima
          corona a forma di castello che per dispregio è messa sul capo di un ometto

          dalle gambe corte, detto Cortopasso, portato poi in trionfo per le strade
          della città fra le urla di gioia dei cittadini.
             Ma a noi interessa quella copia miniata sul tema della caccia con il
          falcone,  finita  anch’essa  nel  bottino  dei  nemici:  oggi  gli  studiosi  sono

          quasi tutti d’accordo che non si tratti però dell’opera scritta da Federico
          ma di una raccolta di testi di sua proprietà sull’arte della caccia corredata
          da splendide illustrazioni. È un libro insomma che testimonia le letture
          e  il  lavoro  preparatorio  alla  scrittura  del  De  arte  venandi  cum  avibus

          che occupò l’imperatore per molti e molti anni (trenta, scrive Federico),
          riempiendo le pause che il governo e la guerra gli lasciavano (Trombetti
          Budriesi 1987).
             Quindici anni dopo la sconfitta di Parma - Federico era morto da tempo

          - il mercante milanese Guglielmo Bottiato scrive a Carlo d’Angiò, allora
          conte di Provenza, ma già nemico di Manfredi, per fargli sapere di «essere
          venuto in possesso di un prezioso e nobile libro sui cani e gli uccelli del
          sovrano  Federico  imperatore».  L’espressione  si  presta  a  un  equivoco:

          Federico è l’autore o il proprietario dell’opera? Il libro in due volumi è
          nella descrizione di Bottiato splendido e ricco di immagini miniate d’oro e
          d’argento, ben diviso in capitoli e si occupa non solo dei vari tipi di volatili
          da caccia ma anche delle cure, dell’allevamento e delle astuzie venatorie

          da  seguire  in  questa  nobilissima  arte:  così  almeno  nella  descrizione
          del mercante, che non chiede un compenso preciso. Ma cosa c’è di più
          vantaggioso per un mercante che «offrire un dono», e di così alto pregio,
          a un signore potente?

             Nella descrizione di Bottiato, i due volumi si discostano in alcuni punti
          rilevanti dal piano dell’opera di Federico II, ma testimoniano comunque
          il suo interesse al tema e il retroterra da cui nacque il suo trattato. Infatti
          dimostrano  non  solo  l’attenzione  al  tema  specifico,  la  caccia,  ma  -  e

          questo è ancora più importante - a tutto quel sapere nuovo, la fisica o
          filosofia naturale, che con i libri di Aristotele era ritornata nel secolo XIII



                                                      —   56  —
   57   58   59   60   61   62   63   64   65   66   67