Page 59 - Federico II - Genio dei tempi
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guerra del papa si sta indebolendo e il capitale raccolto si assottiglia
          mentre i malumori contro il pontefice aumentano.

             Quando in giugno Federico arriva a Brindisi salvo e vittorioso come un
          novello Alessandro Magno e le voci sulla sua scomparsa vengono così
          clamorosamente e definitivamente smentite, la Puglia è riportata presto
          all’ordine imperiale. Non manca nella resurrezione di Federico, come era

          in uso, la vendetta: città che erano state troppo pronte ai richiami della
          parte avversa come Sora vengono rase al suolo. Ma è anche vero che
          l’imperatore compie soltanto vendette che hanno un valore esemplare
          e non si lascia andare a un furore senza scopo: non insegue le truppe

          di Giovanni di Brienne che fugge al nord, né umilia il pontefice entrando
          nei confini del «patrimonio di San Pietro», impresa che allora gli sarebbe
          stata non impossibile. Sembra evidente che quello che gli sta a cuore è la
          riconquista e la pace della Sicilia, dove erano arrivati i soldati del papa e

          dove era scoppiata la solita rivolta generale nel contrasto delle componenti
          del regno. Bisognava accordarsi, anche se non era un’impresa facile, con
          papa Gregorio IX, che resisteva avvolto nel suo rancore.
             Per fortuna la maggioranza dei cardinali, insieme ai feudatari tedeschi,

          premeva e lavorava per la pace fra i due massimi poteri della cristianità
          e, d’altra parte, la Lega Lombarda non si era dimostrata troppo attiva in
          favore del pontefice, che sapeva di non poter contare appieno sul suo
          aiuto. Alla fine entrambi i nemici cedono qualcosa. Gregorio, dal punto

          di  vista  strategico,  fa  la  rinuncia  più  importante:  toglie  la  scomunica
          all’imperatore che, da parte sua, si impegna a esentare il clero siciliano
          dalla giurisdizione secolare e a restituire ai due Ordini, i Templari e gli
          Ospedalieri,  i  possedimenti  nel  regno  siciliano  già  confiscati  come

          punizione al loro comportamento ostile durante la crociata.
             Chi dei due ottenne maggiori vantaggi dall’accordo? Difficile dirlo: i
          contemporanei, abbagliati dal miracoloso ritorno dell’imperatore sbarcato
          a  Brindisi  vivo  e  con  l’aureola  tutto  sommato  del  crociato  vittorioso,

          pensarono che Federico avrebbe potuto pretendere e ottenere di più; ma
          l’imperatore si dimostrò saggio e politicamente avveduto accettando, anzi
          inseguendo, la pace con il pontefice che solo poteva liberarlo dall’odiosa
          e paralizzante scomunica.

             Nel settembre del 1230, nel castello di Anagni, i due cenarono insieme a
          Ermanno di Salza, il Gran Maestro dei cavalieri Teutonici, da sempre leale
          al suo imperatore e mediatore straordinario. In quei giorni Gregorio arriva
          a chiamare Federico, fino a poco tempo prima accusato di essere seguace

          di Maometto, «figlio diletto della chiesa». Pochi anni dopo Gregorio si
          spinge persino - senza risultato, è vero - a far pressione su Giovanni Ibelin,



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