Page 65 - Federico II - Genio dei tempi
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il Calvo, Lamberto duca di Spoleto e il marchese Bonifacio di Canossa;
          persino Carlo Magno, appassionato e irruente cacciatore di cinghiali, era

          stato più di una volta in pericolo di vita. La venatio, che per un sovrano
          non era soltanto uno svago ma quasi un dovere, uno dei simboli della
          sua forza, della sua capace supremazia e la rappresentazione metaforica
          di una battaglia, rimaneva tuttavia nel quadro del sapere una delle «arti

          adulterine», lontana dal nobile statuto di quelle liberali.
             Accanto  alle  tre  arti  liberali  del  «linguaggio»  (grammatica,  logica
          e  retorica)  e  della  «matematica»  (aritmetica,  geometria,  musica  e
          astronomia), erano infatti venuti in luce nei primi secoli dopo il Mille sette

          saperi chiamati «illiberali» o meccanici, le arti che servivano ad aiutare
          l’uomo nella vita terrena, coltivate nelle città dagli artigiani e dai nuovi ceti.
          L’uomo - osservava Ugo di San Vittore - viene al mondo nudo e inerme,
          privo di armi come gli artigli di difesa o la pelliccia: deve costruirsi un

          riparo per il freddo, procurarsi il cibo e tenere intatta e alta la sua energia
          vitale minacciata dalle malattie e dalla tristezza o dalla sfortuna: «il calore
          naturale è alimentato da un sano ed equilibrato movimento e dalla gioia
          che rinfranca lo spirito» anche attraverso uno spettacolo divertente come

          una rappresentazione teatrale.
             Assieme alla lavorazione della lana, alla fabbricazione delle navi, delle
          case e delle armi, all’arte della navigazione, all’agricoltura, alla medicina e
          anche all’arte di allestire spettacoli teatrali, troviamo la caccia, la venatio.

          Così le enumera e le descrive la enciclopedia di Ugo di San Vittore. L’arte
          venatoria nel glossario del XII secolo comprende tuttavia un campo assai
          vasto e generico e, accanto alla caccia «con le reti, le fosse, gli archi, i
          giavellotti, le lance, le trappole e i falconi», il termine venatio significa per

          Ugo «anche la preparazione dei cibi, delle salse e delle bevande... perché
          nei tempi antichi gli uomini usavano nutrirsi prevalentemente dei prodotti
          della caccia».
             A  proposito  di  ogni  attività  pratica  e  quindi  non  liberale  il  maestro

          Vittorino fa una interessante e poco nota osservazione, utile anche per
          meglio valutare il testo di Federico:
             Rientrano  nell’ambito  della  filosofia  non  solo  le  ricerche  intellettuali
          sull’universo e sull’uomo [le sette arti liberali] ma anche i principi teorici di

          tutte le attività umane... Una stessa attività entra nel campo della filosofia
          secondo i suoi principi e ne è esclusa per quanto riguarda la esecuzione
          pratica. Per esempio diremo che i principi della agricoltura competono
          al filosofo e l’esecuzione al contadino e così per tutte le opere del lavoro

          umano che imitano la natura e riproducono tramite la ragione la forma di
          un modello che esiste in natura.



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