Page 81 - Federico II - Genio dei tempi
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l’importanza e la ragione del fenomeno, che trasforma in tutta Europa il
          sistema educativo e crea le condizioni per una più intensa circolazione

          delle idee.
             La  crescita  economica  e  sociale  che  si  manifesta  dopo  l’anno  Mille
          e  diventa  visibile  anche  nell’aumento  del  numero  delle  città  e  della
          popolazione  europea,  è  il  contesto  a  cui  si  deve  guardare  collocando

          il  fenomeno  nelle  società  e  in  quei  raggruppamenti  «orizzontali»  fra
          persone (o meglio, cittadini) che avevano inte ressi e attività comuni. Una
          di queste associazioni o corporazionJ è appunto l’università.
             L’esempio classico e fra i più antichi è quello dell’università di’ Parigi

          chiamata «universitas magistrorum et scholarium», mentre* a Bologna
          lo Studium nasce come «universitas scholarium»: entrambi sorgevano in
          analogia con le associazioni dei mestieri. Ciò che distingue le università dalle
          precedenti scuole cittadine, le scuole cattedrali, è la struttura organizzata

          del  programma  di  studi  e  il  titolo  di  insegnamento  (licentia  docendi)
          universale che permette ai maestri di insegnare in qualsiasi università
          europea, una patente concessa appunto da un potere «universale», il
          papa, l’imperatore, il sovrano o il vescovo. Quattro erano le facoltà nelle

          quali  l’università  si  articolava:  la  teologia  era  al  vertice,  preparata  dal
          programma di insegnamento delle arti o filosofia, e affiancata dal diritto
          e dalla medicina, facoltà «lucrative» che promettevano carriere più veloci
          e ben pagate. La presenza delle quattro facoltà non era prevista tuttavia

          in tutte le università.
             In quei secoli la teologia non era soltanto l’insegnamento di una dottrina
          somma  per  oggetto,  ma  fungeva  da  quadro  di  riferimento  e  garanzia
          dell’utilità del sapere: d’altra parte già Agostino nel De dottrina Christiana

          aveva dichiarato che la comprensione della Sacra Scrittura si avvantaggia
          della cultura degli antichi che avevano approfondito le arti del trivio o
          del linguaggio e del quadrivio o delle scienze fondate sulla matematica.
          Il vescovo di Ippona descriveva questo processo di assimilazione come

          un «furto sacro» non solo permesso ma raccomandato ai cristiani, che
          dovevano  utilizzare  la  sapienza  profana  del  passato  nel  loro  nuovo
          progetto culturale e religioso: la grande importanza di questo sapiente
          recupero che salda la cultura precristiana a quella della religione nuova

          non sarà mai abbastanza sottolineata.
             Se quelli che chiamiamo filosofi hanno detto cose vere e compatibili con
          la nostra fede, soprattutto i platonici, non solo non dobbiamo temere le
          loro affermazioni ma le dobbiamo rivendicare da loro quasi che il loro non

          fosse un possesso legittimo e usarle per noi... Tutte le discipline dei pagani
          che non contengono cose false e superstiziose o inutili... ma propongono



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