Page 53 - Federico II - Genio dei tempi
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Giovanni Ibelin, di ridiscutere la faccenda in sede più adatta, ma intanto
          Federico  prese  in  consegna  due  figli  del  signore  di  Beirut  con  venti

          cavalieri.  Ostaggi  più  che  ospiti,  per  dirla  con  franchezza,  trattati  non
          molto cavallerescamente.
             Alcuni  nobili  fedeli  a  Giovanni  e  accaniti  nemici  dell’imperatore  gli
          proposero di assassinare Federico: in fondo era uno scomunicato non

          protetto da molti uomini. Ma Giovanni, in nome di quell’etica cavalleresca
          -  un’etica  dove  ha  gran  parte,  come  sappiamo,  l’immagine  e  la
          rappresentazione - respinse la proposta dicendo che Federico era il suo
          signore: secondo la morale feudale, l’assassinio del sovrano è la fellonia

          massima, il più grave degli omicidi, pari al parricidio. Scrive Filippo da
          Novara:
             Il signore di Beirut si arrabbiò moltissimo e minacciò di picchiarli e di
          ucciderli se soltanto ne avessero parlato ancora. Disse che si sarebbero

          coperti per sempre di infamia e che tutta la cristianità avrebbe gridato
          ai  traditori  d’Oltremare  che  hanno  ucciso  il  loro  signore,  l’imperatore,
          aggiungendo  che  morto  Federico  e  loro  viventi  il  diritto  si  sarebbe
          trasformato in torto e la verità non sarebbe mai stata creduta. Concluse:

          «Qualunque cosa faccia Federico resta il mio signore e io mi limiterò a
          custodire i nostri beni e i nostri feudi».
             Finalmente  Federico,  arrivando  a  una  specie  di  compromesso,  fa
          vela da Cipro verso Tiro. Templari e Ospedalieri dapprima lo accolgono

          commossi, abbracciando le ginocchia del loro imperatore scomunicato,
          ma le cose cambieranno molto presto.
             Quale fu la reazione di Federico alla vista del paesaggio brullo della
          Terrasanta? Fra’ Salimbene ci racconta che fu una reazione «stravagante»

          e non la condivide. Ma è difficile non essere d’accordo con l’imperatore
          che paragona la Palestina al paesaggio fiorente della sua Sicilia.
             Allorché  vide  la  Terra  promessa  che  Dio  aveva  tante  volte  esaltata
          chiamandola la terra dove scorrono latte e miele e terra di tutte la più

          pregevole, Federico affermò che Dio non doveva aver visto la terra del
          suo regno, ossia la Calabria, la Sicilia e la Puglia perché altrimenti non
          avrebbe lodato in questo modo la terra che promise e diede ai Giudei.
             La  situazione  politica  della  crociata  di  Federico  giunto  in  Israele

          appare paradossale: l’imperatore informa il pontefice di essere arrivato in
          Terrasanta, invitandolo a togliere dal suo capo la scomunica. Raggiunge il
          risultato di esasperare ancor più Gregorio, che vede tutto il danno inflitto
          alla sua immagine di capo della cristianità costretto a subire l’iniziativa

          imperiale in un campo così importante come quello del pellegrinaggio
          armato in Terrasanta.



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