Page 48 - Federico II - Genio dei tempi
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come del resto prima e dopo, è soprattutto impegnato su un fronte che gli
          sta molto a cuore: il regno di Sicilia.

             Si  profilano  in  quei  momenti  altre  difficoltà:  il  suocero  di  Federico
          Giovanni  di  Brienne  si  lamenta  presso  il  papa  per  l’avidità  con  cui  il
          genero si è impadronito del titolo di re di Gerusalemme e alle lamentele
          politiche ne aggiunge anche un’altra, di natura personale, quella di un

          padre preoccupato del comportamento di Federico verso la figlia. Era
          la prima volta che l’imperatore sceglieva una sposa tanto più giovane
          di lui, ma giravano voci che la trascurasse a favore delle donne del suo
          harem. Voci con tutta probabilità rinforzate dalla solita precisa strategia

          della Curia romana. Più tardi la nascita di Corrado (1228) destinato alla
          corona  di  Gerusalemme  avrebbe  potuto  calmare  le  turbolenze  che  si
          addensavano sul capo di Federico? Improbabile.
             Tuttavia in quegli anni il pontefice aveva qualche fondato motivo per

          allarmarsi: l’unione delle due corone, impero e Sicilia, non era mai stata
          smentita nei fatti e la presenza in Italia di Federico sembrava troppo attiva
          e incombente.
             C’era tuttavia anche qualche segno opposto a favore delle intenzioni

          di  Federico:  nel  1226  l’imperatore  raccoglie  a  Cremona  una  dieta  per
          discutere e definire i particolari della spedizione in Terrasanta, invitando i
          feudatari tedeschi e le città italiane. La scelta del luogo (la città lombarda
          più filoimperiale), unita alla dichiarazione dell’imperatore di perseguire

          gli eretici (molti catari dopo le persecuzioni nel Sud della Francia si erano
          rifugiati nelle città italiane e soprattutto a Milano), solleva le diffidenze e
          anche i timori dei comuni. I rappresentanti delle città di Milano, Brescia,
          Bologna e Mantova per premunirsi contro i progetti del nuovo imperatore,

          ben ricordando la violenza infetta loro dal nonno Federico I il Barbarossa,
          giocano d’anticipo e rifondano a Mantova la Lega Lombarda: a questa si
          associano altre città come Alessandria, Lodi, Faenza, Verona e il marchese
          del Monferrato. Alla dieta indetta da Federico le defezioni si avvertono,

          ma non mancano presenze importanti: Como, Pisa, Parma e Modena e il
          principe d’Este.
             Erano timori sostanzialmente infondati, in quel momento almeno, quelli
          delle città della Lega? Sembra di sì: a Cremona non si parla né si decide

          nulla a proposito delle «libertà» delle città lombarde. Il vero tema della dieta
          imperiale era la preparazione della crociata, anche se il clima era oramai
          rovinato  e  l’assenza  di  Milano  era  un  segnale,  un  altro,  preoccupante
          per Federico, che si valse come intermediario per la pace in Lombardia

          proprio dell’azione del pontefice Onorio III. Non deve stupire la saggia
          cautela  dell’imperatore  in  quei  momenti  e  neppure  l’attività  energica



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