Page 47 - Federico II - Genio dei tempi
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la prova della sua affidabilità. Dopo l’incoronazione l’imperatore non fu
          avaro di assicurazioni verso il pontefice e con la Constitutio in Basilica

          Beati Vetri volle garantire le libertates della chiesa di Roma a proposito
          delle  esenzioni  fiscali  e  assicurare  il  suo  personale  impegno  di  lotta
          contro gli eretici che dovevano essere espulsi dai territori e privati dei
          beni. Il documento, emesso in un momento così solenne, aveva anche

          un  aspetto  per  così  dire  «secolare»  occupandosi  di  precise  misure  a
          garanzia dei viaggiatori e dei pellegrini esposti alla violenza dei banditi,
          dei mercanti ai quali veniva confermata in caso di naufragio delle navi di
          trasporto l’indennità di recupero.

             Ma intanto un anno dopo Damietta cade. Il papa preme su Federico,
          indicato come il colpevole morale della sconfitta dei crociati, mentre i
          poeti cantano: «Imperatore, Damietta ti attende giorno e notte e la bianca
          Torre piange per la tua aquila abbattuta da un avvoltoio...».

             Federico, occupato negli affari tumultuosi della sua Sicilia, trova il tempo
          solo nel marzo del 1223 di incontrarsi con il papa per mettere a punto i
          piani della campagna in Oriente, fissando un limite di due anni per la
          sua partenza e garantendo il trasporto gratuito sulla sua flotta a coloro

          che  avessero  scelto  di  seguirlo  nell’impresa.  La  flotta  dell’imperatore
          era notevole anche se non imponente: cinquanta navi da trasporto per i
          crociati e i loro cavalli più cento galee, mentre altre quaranta aspettavano
          di  fronte  alle  coste  egiziane.  Il  papa  dal  canto  suo  promuove  cicli  di

          predicazioni in tutta Europa e Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme,
          visita personalmente i sovrani europei per propagandare l’idea di una
          riscossa  contro  i  musulmani.  Probabilmente  era  proprio  lui,  Giovanni,
          marito della principessa siriana Sibilla erede al regno latino, il maggior

          colpevole del disastro della quinta crociata, certamente più di Federico.
          Ma l’imperatore, vedovo da due anni, si lega proprio a lui sposandone la
          giovanissima figlia Isabella di Brienne e con queste nozze diventa l’erede
          del regno di Terrasanta. Un nuovo titolo, dunque, e più che prestigioso

          in quei momenti; anzi, nella speranza di molti, decisivo per dare peso,
          difendere e salvare il regno di Gerusalemme con un’opera organizzata ben
          diversamente da tutti i «pellegrinaggi in armi» intrapresi in precedenza
          per liberare il Santo Sepolcro. La data di partenza scivola di due anni

          ancora: il termine è fissato nell’agosto del 1227.
             Non c’è motivo di pensare che si tratti di uno stratagemma di Federico
          per eludere la solenne promessa di Aquisgrana, e anche la minaccia da
          parte del papa di gettare su di lui la scomunica se non avesse rispettato la

          data appare una misura normale per ottenere una garanzia. Al momento,
          i due potenti sembrano avere obiettivi comuni anche se Federico allora,



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