Page 51 - Federico II - Genio dei tempi
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e  rivelatore  che  confermò  Gregorio  nei  suoi  propositi,  convinto  che
          l’imperatore scomunicato avrebbe intrapreso la crociata in modo del tutto

          autonomo e, si può dire, «contro il papa». Del resto altre volte sovrani e
          cavalieri europei erano partiti per le crociate mossi da motivi profondi e
          indipendenti da ciò che predicava il vicario di Pietro. Il comportamento di
          Federico rende clamorosamente palese questa varietà di ragioni «laiche»,

          etiche,  di  costume,  politiche,  economiche  che  stanno  alla  base  delle
          crociate, ragioni che si intrecciavano tuttavia a una innegabile autentica
          emozione religiosa.
             Federico conosceva più di altri principi cristiani la cultura musulmana

          ed era informato degli ultimi avvenimenti accaduti durante la dominazione
          araba in Oriente: sapeva ad esempio che fra le cause della caduta di
          Gerusalemme nel 1187 vi era l’unificazione dei domini sotto il Saladino
          e  sapeva  quanto,  al  contrario,  i  suoi  successori,  fortunatamente  per  i

          cristiani, non fossero più concordi fra loro. Usare la diplomazia più delle
          armi era per lui, crociato anomalo e imperatore simpatetico con l’Islam,
          la sua filosofia e i suoi costumi, qualcosa di naturale. Del resto, anche sul
          piano militare le cose per i crociati andavano in quel momento abbastanza

          bene: l’esercito dei cristiani avanzava lentamente, ma avanzava, e aveva
          liberato Sidone mentre Giaffa e Cesarea erano state fortificate. I cavalieri
          Teutonici con le loro incursioni in Galilea tenevano in allarme i musulmani.
             Fu allora che al-Kàmil, il sultano d’Egitto, tentò un accordo con Federico:

          questi si sarebbe impegnato a combattere suo fratello al-Mu’azzam rivale
          nella  corsa  al  potere  in  cambio  della  restituzione  di  Gerusalemme  ai
          cristiani. L’offerta era allettante per Federico e i due si scambiarono doni.
          Federico ebbe fra le altre cose un elefante, un planetario, un liuto indiano e

          anche uno straordinario albero d’argento con uccellini che cinguettavano
          a ogni soffio di vento. Ricambiò con il dono di un orso bianco che con
          stupore degli arabi mangiava solo pesci e un pavone dalle piume candide.
             Ma ancora una volta una morte improvvisa cambia le carte in tavola,

          quella appunto del fratello di al-Kàmil, che rende vana ogni diplomazia
          segreta: «con la morte del fratello che era stato la ragione per cui al-
          Kàmil aveva chiesto aiuto a Federico, il sultano non aveva più bisogno
          dell’imperatore»,  scrive  lucidamente  un  testimone  arabo.  Nonostante

          questa grossa difficoltà e nonostante le voci di attività nemiche di papa
          Gregorio già sul piede di guerra in Italia a danno di Federico, è probabile
          che l’imperatore confidasse nel vantaggio e sperasse nel prestigio che il
          successo in Terrasanta gli avrebbe procurato in Occidente. Tutto quindi a

          questo punto dipendeva dalla conquista (o liberazione) di Gerusalemme.
             Ma sulla via per Gerusalemme Federico si ferma a Cipro. Abbiamo del



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