Page 42 - Federico II - Genio dei tempi
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alla  preparazione  del  «pellegrinaggio  armato»  è  per  lui  -  scriverà  più
          tardi - «un atto di riconoscenza verso Dio per i grandi doni ricevuti». Una

          traccia lieve e rara di umiltà, la virtù tutta cristiana? I cronisti, non tutti
          ma forse la maggioranza, vedono nell’atto di Federico un calcolo politico.
          Ma come escludere l’emozione autentica, naturale in un giovane uomo
          durante giornate così propizie, in un clima di splendore esaltante neppure

          lontanamente sospettato mesi prima? Un’emozione che non toglie nulla
          all’intelligenza politica dell’atto.
             È vero - come hanno pensato alcuni - che il prezzo pagato da Federico
          per la corona imperiale fu di poco inferiore alla sovranità effettiva che la

          corona stessa simboleggiava?
             L’esaltante corona imperiale pone infatti al giovane imperatore gravi
          problemi, spingendolo a molte concessioni: Federico si trova di fronte
          a una realtà composita come un mosaico, difficile, anzi impossibile, da

          gestire  in  modo  uniforme.  Accanto  alla  situazione  nuova  e  vivace  di
          molte città tedesche che, come quelle italiane, erano proiettate verso una
          sempre maggiore autonomia e una conseguente ed evidente prosperità,
          c’erano le vecchie e solide realtà e le resistenze della aristocrazia e dei

          vescovi che controllavano le loro città.
             La linea politica del nuovo imperatore è flessibile e si adatta con realismo
          (alcuni  storici  vi  hanno  letto  invece  un  sostanziale  disinteresse  per  la
          situazione  tedesca)  alle  differenze  di  costumi  e  tradizioni  consolidate

          con le quali il dominio imperiale era obbligato a fare i conti. Federico
          agisce con liberalità nei confronti delle città non episcopali, riconoscendo
          loro  diritti  importanti  come  riscuotere  le  tasse,  eleggere  i  governi  e
          amministrare la giustizia; nei riguardi dei centri dove i vescovi esercitano

          il potere, l’imperatore mantiene un atteggiamento di cauto rispetto verso
          le curie, alle quali lascia mano libera. Quanto ai feudatari, che avevano
          spadroneggiato per anni in Germania, essi continuarono il loro pericoloso
          (per l’imperatore), indefinito ma concreto, esercizio di potere. E d’altra

          parte è verosimile e naturale che Federico abbia inteso assicurarsi il loro
          appoggio e nel contempo rassicurare il pontefice Innocenzo che l’unione
          delle due corone, impero e Sicilia, era solo temporanea.
             Ottone era ancora vivo e per di più in terra germanica, in Sassonia, ma

          oramai in gravi difficoltà, e aveva affidato la custodia dei sacri simboli
          del potere imperiale al fratello Enrico, ordinandogli di trasmetterli venti
          giorni dopo la sua morte all’eletto dei principi tedeschi. E - ammissione
          importantissima - se i principi avessero accettato la situazione di fatto,

          ossia  avessero  riconosciuto  Federico  di  Svevia,  i  simboli  imperiali  gli
          dovevano essere consegnati.



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