Page 39 - Federico II - Genio dei tempi
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un modello di virtù eminentemente regale che Federico pratica una virtù
non geneticamente cristiana, ma antica, entrata da poco nell’universo
etico cristiano.
Tommaso d’Aquino, ispirato dalle idee dell’Etica di Aristotele, introdurrà
una riflessione sistematica su un nuovo comportamento virtuoso, che
richiede per essere praticato una dignità sociale alta e mezzi economici
adeguati: la magnanimità è pensare in grande e realizzare, convinti
della propria «virtù», grandi azioni. Una riflessione sistematica quella
di Tommaso e, come al solito, geniale e sottile, che riprende motivi da
decenni già apparsi nella realtà e nel pensiero della società di allora.
Fondamentale era stata fin dalle origini ed era nella cultura cristiana
la pratica e la teoria dell’umiltà, raccomandata dal Vangelo, anche come
modello di comportamento sociale pacificante, ma soprattutto come
premessa per il premio di una vita ultraterrena vicino al trono divino.
Davanti a un Dio onnipotente e incommensurabilmente buono e
sapiente nei confronti dell’uomo, quale altro comportamento se non quello
suggerito dall’umiltà sarebbe stato ammissibile? La magnanimità sembra
dunque un’intrusa nel sistema delle virtù suggerite e allude a un tempo
antico dove i santi erano eroi ossia uomini potenti e esemplari. E tuttavia
la società dei secoli medievali, guerresca e centrata sul personaggio
che domina e trascina i comportamenti delle folle, è una società dove
è pensabile e persino augurabile che i sovrani e i signori abbiano per
il bene della comunità un’etica diversa dal popolo, più grande, più tesa
al sublime e aH’exemplum. La magnanimità per definizione si addice a
pochi, ma è altrettanto necessaria al bene del corpo sociale nella sua
unità, al pari dell’umiltà che è di tutti gli altri. Teologi e filosofi si adoperano
per conciliare o almeno inserire le due virtù, la cristiana e la pagana, nello
stesso sistema morale. Per Alberto Magno e Tommaso d’Aquino uno
stesso uomo virtuoso può essere umile e magnanimo: con animo grande
sarà capace di tendere alle cose grandi e nello stesso tempo con umiltà
saprà riconoscere che le sue capacità sono un dono del suo Creatore.
Per i filosofi, invece, come Sigieri di Brabante, maestro alla Facoltà delle
Arti, umiltà e magnanimità non possono coesistere nello stesso individuo,
ma sono proprie di individui differenti ed entrambi cristianamente virtuosi.
Si disegna così una gradazione di «capacità» e di tipi all’interno dell’etica
cristiana. I magnanimi sono più in alto dei molti che, consapevoli delle
loro scarse capacità, non possono che pensare in tutta umiltà di assolvere
compiti meno importanti, giocare ruoli più modesti. I filosofi proporranno
così un’etica aristocratica avvertita come estranea e pericolosa dai
colleghi della Facoltà di Teologia: si disegna di fatto un’opposizione netta
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