Page 35 - Federico II - Genio dei tempi
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Il pontefice Innocenzo III, sulla rivalità fra i due tedeschi (Ottone e il suo
          pupillo Federico), aveva giocato e giocherà in modo rapido e spregiudicato,

          cambiando parte più volte.
             Dal  guelfo  Ottone  Innocenzo  III  si  aspettava  molto:  la  libertà  della
          chiesa nell’elezione dei vescovi in Germania, l’intangibilità della Sicilia
          feudo di Roma, la cessione di alcune terre italiane come Ancona, Spoleto,

          i  beni  matildini  subito  incorporati  nel  «patrimonio  di  San  Pietro».  Nel
          1209 Ottone riceve la corona imperiale a Roma: la separazione del regno
          siciliano dall’impero, tanto desiderata dal papa, sembrava cosa fatta e
          definitiva.

             Ma Ottone appare ben presto tutt’altro che affidabile. E d’altra parte
          come frenare di fronte a nuove condizioni così favorevoli l’ambizione e
          il desiderio di maggior potere? Lo spunto a un mutamento della politica
          papale  lo  diedero  i  nobili  pugliesi  che  pensarono  che  questa  fosse

          l’occasione giusta per liberarsi del giovane re Federico con il tradimento.
          Il regno di Sicilia doveva appartenere all’impero - sostenevano - e quindi
          a Ottone, che acconsentì entusiasticamente al progetto dei baroni ribelli
          nominando  il  loro  capo  Diepold  von  Schweinspeunt  duca  di  Spoleto

          (fatto che non poteva non suonare offensivo o addirittura illegittimo per
          il papa non interpellato in precedenza) e preparandosi a partire per la
          Sicilia. Metafora chiara quella contenuta nella riflessione di Innocenzo:
          «la  spada  che  ci  siamo  forgiata  ci  colpisce  ferendoci»,  scrive  il  papa

          che lancia un attacco durissimo contro Ottone in varie direzioni. Manda
          dapprima un messaggio ai vescovi tedeschi («Mi pento di aver creato
          l’uomo...») poi al re Filippo Augusto di Francia, che su Ottone aveva già
          idee  precise  dal  momento  che  questi  era  nipote  dell’inglese  Giovanni

          Senza Terra suo nemico naturale. L’accordo fra il papa, il re di Francia e
          molti principi tedeschi matura nel 1210. In quell’anno Innocenzo getta sul
          capo di Ottone il peso tremendo della scomunica che solleva dal vincolo
          di obbedienza i sudditi.

             Sulle prime il grande gesto non ha un effetto immediato: per tutto l’anno
          1210 Ottone mantiene un grande vantaggio nelle stesse terre italiane, in
          Puglia dove si impadronisce di Barletta e Bari, poi in Calabria e Basilicata.
          I  saraceni  che  abitano  le  montagne  del  regno  normanno  di  Sicilia  lo

          invitano nell’isola e gli promettono il loro appoggio.
             La posizione del giovane Federico diventa grave, anzi disperata: i domini
          sicuri si restringono pericolosamente e a un certo punto si riducono alla
          sola  Palermo.  Nel  porto  presso  il  castello  di  Castellammare  una  nave

          sempre  pronta  attende  il  giovane  Federico  per  portarlo  in  salvo  sulle
          coste dell’Africa, se la fortuna dovesse volgere decisamente al peggio.



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