Page 30 - Federico II - Genio dei tempi
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in difficoltà lo storico che vuole ricostruire il profilo del movimento
osservando il passato non dal punto di vista della istituzione vincente.
Fin dai primi anni del secolo XI in diversi luoghi d’Italia, Francia e
Germania emergono e si rafforzano gruppi di eretici che sembrano
concentrarsi in differenti forme e con differente intensità sull’idea di
purezza, di distacco dal mondo e dalla realtà materiale. È comune e
diffuso un desiderio di ritorno allo spirito del Vangelo unito ovviamente
a una appassionata polemica contro l’aspetto rigidamente istituzionale
della chiesa e soprattutto la diffusa corruzione del clero. Emerge in tutti
i gruppi una tendenza a spostare la «verità» religiosa dal rito esteriore
all’interiorità, dal comportamento verso l’intenzione. La santità da esempio
istituzionalmente riconosciuto e proposto diventa una dimensione
interiore e personale di adesione allo spirito del Vangelo.
Un filosofo del secolo XII come Pietro Abelardo, maestro a Parigi di
Arnaldo da Brescia e autore di un testo filosofico fondamentale come l’Etica
o Scito te ipsum, rispecchia e formula con chiarezza questo malessere
che diventa, nella sua pagina, opposizione e critica precise, sostenute
da un esame rigorosamente razionale diretto contro la esteriorità delle
pratiche ecclesiastiche, riti, indulgenze, forme pubbliche o persino
soltanto ostentate di devozione. Con linguaggio preciso e sottili analisi
l’Etica porta in primo piano l’attenzione ai valori intenzionali e consapevoli
della fede vissuta dal singolo credente (l’«intenzione del cuore»).
La decretale Ad abolendatn del 1184 di papa Lucio III (emanata a
Verona), che scomunica «Catari, Patarini, coloro che chiamano se stessi
mentendo Umiliati e Poveri di Lione e i seguaci di Arnaldo», aveva posto
le basi teoriche delle future repressioni. Per molti eretici sorge allora il
penoso problema della scelta.
Rientrare nella chiesa romana rinunciando a quelle idee e comportamenti
che li avevano identificati e mobilitati come «nuovi apostoli», o accettare
di rimanere fedeli allo spirito cristiano secondo la propria coscienza
rifiutando di appartenere alla istituzione della chiesa che d’ora in poi li
avrebbe combattuti e perseguitati?
Tre gruppi del dissenso cristiano, gli umiliati, gli albigesi e i seguaci di
Francesco d’Assisi, rappresentano in modo esemplare diversi destini e per
la chiesa tre tipi del problema ben presente anche durante il pontificato
di Innocenzo III. Che, soprattutto all’inizio, si mostrò sensibile alla forma
itinerante della predicazione e alla scelta della povertà evangelica di questi
gruppi, a condizione che tutto ciò avvenisse entro la gerarchia della chiesa
istituzionale e non contraddicesse l’autorità ecclesiastica. Ma al di fuori di
questi limiti Innocenzo combatté con asprezza l’eresia, pur cosciente che
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