Page 183 - Federico II - Genio dei tempi
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innanzitutto si procedeva con la scomunica; se dopo un anno non vi era
ravvedimento, il papa poteva sciogliere i vassalli dalla fedeltà e offrire
la terra alla conquista dei signori cattolici che avrebbero bonificato la
regione dagli eretici. Era un’arma potente che poteva essere rivolta contro
tutti i principi che avevano una controversia con la chiesa.
La chiesa agiva contro un principe rationepeccati, a causa dei suoi
peccati. È chiaro però che in tal modo la libertas ecclesiae poteva
essere difesa usando lo strumento dell’accusa di eresia, ma restava un
principio di fondo nei rapporti tra papato e potere temporale, secondo il
quale il potere spirituale agiva solo indirettamente su quello temporale.
Scomunicare e sciogliere i giuramenti erano atti che riguardavano la
dimensione spirituale, quali che fossero le loro conseguenze sul piano
temporale.
Nella dottrina canonistica il tema dell’intervento ratione peccati si
saldò con l’idea della concessione del potere ai re da parte del papa.
Nel corso della prima metà del XIII secolo, vari giuristi (Alano Anglico,
Tancredi, Bernardo Parmense) elaborarono delle dottrine che in vario
modo rendevano il potere secolare subordinato e dipendente dalla
legittimazione da parte della chiesa, ma solo nello scontro tra Innocenzo
IV ( 1243 -1254) e Federico II essa divenne un principio di azione politica.
Il pontefice cercava modi di azione più efficaci di quelli adottati da
Gregorio LX (1227-1241). Fondandosi sulla dottrina della scomunica per
eresia e del conseguente scioglimento del vincolo di fedeltà contratto dai
vassalli nei confronti del sovrano, papa Gregorio aveva cercato di mettere
in difficoltà lo Svevo, senza però riuscirci. Ora Innocenzo IV tentava di
battere un’altra e più radicale strada che lo sviluppo della giurisprudenza
(ed egli stesso era stato allievo a Bologna di maestri che sostenevano
la subordinazione del regnum al sacerdotium) gli consentiva. Egli
perciò depose Federico direttamente a causa di quei suoi peccati che
lo avevano reso indegno di ogni carica. In questo modo diventava un
principio operativo l’idea del primato dell’autorità ecclesiastica anche
nella dimensione politica e della stretta dipendenza del potere secolare
da quello spirituale. Nel volgere di quattrocento anni si passò perciò da
un ruolo di tutela (e di ingerenza) del potere imperiale nei confronti della
chiesa a un rovesciamento dei termini del rapporto.
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