Page 182 - Federico II - Genio dei tempi
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metà  del  XII  secolo  sostenitore  di  questo  potere,  Uguccione  da  Pisa,
          scrisse  che  l’impero  precedeva  il  papato  in  ordine  temporale.  Perciò

          era in disaccordo con la deposizione directa. La procedura corretta di
          deposizione del sovrano consisteva invece in un’azione concomitante dei
          principi e del papa.
             Nel caso non ci fosse stato un giudice competente, i principi avrebbero

          dovuto fare ricorso a Roma, che avrebbe sciolto i giuramenti di fedeltà se
          il signore in questione non si fosse mostrato pronto a ritrattare. L’ideale
          di un accordo e di una collaborazione tra il potere spirituale e il potere
          temporale, fondato su un reciproco sostegno, non era insomma del tutto

          venuto meno dopo le drammatiche esperienze della lotta per le investiture,
          anche se veniva scavalcata l’autorità imperiale ed era il sostegno della
          nobiltà ad essere invocato.
             L’ordine politico non restava più nelle mani delle sole autorità laiche,

          coadiuvate  e  ammonite  dai  sacerdoti,  ma  veniva  sorvegliato,  se  non
          addirittura guidato dal vertice della chiesa.
             Per quanto riguarda la potestas diretta, cioè il potere di deposizione
          diretto del sovrano da parte del papa, esso fu inizialmente solo una posizione

          giuridica e non un principio politico. Tale potestas trovava fondamento nel
          Dictatus papae di Gregorio VII ed era stata successivamente sostenuta
          da alcuni giuristi durante il XII secolo. La tesi, in ogni caso, si fondava sul
          principio del conferimento del potere temporale all’imperatore da parte

          del papa. Essa però non sarebbe diventata un principio di azione politica
          se non dopo diversi decenni.
             Lo  snodo  storico-concettuale  fondamentale  fu  forse  l’elaborazione
          della legislazione antiereticale. Il III concilio Lateranense (1179) affermò

          lo scioglimento della fedeltà nei confronti di quei signori che avevano al
          loro servizio «Brabanzoni, Baschi, Aragonesi e Navarrini». Le bolle Ad
          abolendam del 1184 e la Vergentis in Senium del 1199 disposero la perdita
          del loro status per tutti coloro che danneggiassero la chiesa proteggendo

          gli eretici.
             Innocenzo III (1198-1216), che aveva promulgato la Vergentis, cercava
          gli  strumenti  per  tradurre  in  politica  una  concezione  che  era  stata
          formulata da san Bernando di Clairvaux. Secondo Bernardo i due poteri,

          che egli indicava con la metafora evangelica delle due spade, spirituale
          e  temporale,  appartenevano  entrambi  al  pontefice  che  però  delegava
          l’esercizio della spada del potere temporale (meno nobile) ai re terreni.
          Innocenzo si preoccupava di predisporre dei meccanismi di punizione e

          di controllo nei confronti dei principi cristiani. Il IV concilio Lateranense
          (1215) stabilì la procedura contro i principi che non combattevano l’eresia:



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