Page 185 - Federico II - Genio dei tempi
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e alla saggezza del sacerdote. Una spada deve dunque essere soggetta
          all’altra e l’autorità temporale deve essere sottomessa al potere spirituale...

             Bonifacio dunque non negava l’esistenza dei due poteri, che Gelasio
          aveva distinto, ma subordinava strettamente il potere temporale a quello
          spirituale. Principi, re e chierici di ogni sorta dovevano seguire le direttive
          degli  uomini  di  chiesa  e  sottomettersi  alla  volontà  del  papa,  che  non

          avrebbe avuto alcun giudice in terra. Il papato trasformava l’autorevolezza
          del  proprio  ministero  e  il  proprio  ruolo  etico  e  spirituale  in  un  potere
          politico vero e proprio.
             Se  il  potere  terreno  verrà  meno  al  suo  compito,  sarà  giudicato  dal

          potere spirituale; se devierà dai suoi compiti il potere spirituale minore,
          sarà  giudicato  dal  potere  spirituale  superiore;  ma  il  potere  spirituale
          superiore potrà essere giudicato non da un uomo, ma solo da Dio, come
          testimonia l’Apostolo: «L’uomo spirituale giudica tutte le cose, ma nessuno

          giudicherà lui» (I Cor. II, 15). E se una simile autorità viene data a un uomo
          ed è esercitata da un uomo, non è umana, ma divina. Attraverso le parole
          del Signore è stata conferita a Pietro e confermata in lui, riconosciuto
          come pietra [della chiesa], ai suoi successori, quando il Signore disse

          allo stesso Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli. Tutto ciò che
          legherai in terra sarà legato anche in cielo e tutto ciò che scioglierai in
          terra sarà sciolto anche in cielo» (Mt. XVI, 19).
             A Pietro, sosteneva papa Bonifacio, era stata dunque affidata un’autorità

          divina e non umana, che lo poneva al di sopra di tutti gli uomini, come
          giudice supremo delle vicende terrene. Tale potere, passato ai papi in
          quanto successori di Pietro, avrebbe vincolato i fedeli a un’indiscussa
          obbedienza.  Giovava  a  questa  posizione  soprattutto  l’idea  della

          fondamentale unità del mondo cristiano, che avrebbe dovuto riconoscersi
          (e sottomettersi) nell’autorità del papa, vicario di Cristo. L’autonomia del
          potere  politico  non  veniva  negata,  ma  sempre  sottoposta  al  controllo
          da  parte  dell’autorità  spirituale.  Il  dualismo  «difensivo»  di  Gelasio,  in

          conclusione,  aveva  ceduto  definitivamente  il  passo  ad  un  dualismo
          «aggressivo» e gerarchico.
             Perciò dichiariamo, diciamo e stabiliamo che ogni uomo deve essere
          sottomesso  al  Pontefice  romano  e  affermiamo  che  è  assolutamente

          necessario per la salvezza.
             Non  è  possibile  qui  rendere  conto  dell’ampiezza  della  riflessione
          sull’argomento  e  della  varietà  di  posizioni  espresse.  Alcuni  autori
          ecclesiastici sottolineavano come l’autorità del papa fosse suprema anche

          nel campo degli affari temporali. Quest’idea venne indicata in particolare
          con  l’espressioneplenitudopotestatis,  pienezza  di  potere,  una  formula



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