Page 188 - Federico II - Genio dei tempi
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Ockham,  l’altro  grande  filosofo  antiierocratico,  contestava  in  molte
          opere  le  tesi  del  papato  perché  esse  avrebbero  conferito  al  pontefice

          un potere dispotico e assurdo, contrario allo spirito di libertà della legge
          evangelica: egli avrebbe potuto, argomentava paradossalmente Ockham,
          sottrarre il regno ai legittimi sovrani per incoronare delle persone indegne.
          Le  tesi  pontificie  inoltre  si  fondavano  su  letture  fuorviami  e  persino

          eretiche delle Scritture. A differenza di Marsilio, Ockham ammetteva però
          una possibilità di intervento del papa nelle vicende secolari, ma solo in
          casi di estrema necessità, qualora nessuno avesse preso provvedimenti
          contro un sovrano tirannico. Inoltre, da sincero francescano contestava

          le tesi di Giovanni XXII in merito alla povertà, sia distinguendo tra l’uso
          e la proprietà della cosa, sia invocando l’esempio della povertà di Cristo.
          Il filosofo inglese non aveva remore nel definire eretiche le posizioni del
          papa avignonese.

             Marsilio,  dopo  la  compilazione  della  sua  opera,  si  rifugiò  presso
          Ludovico il Bavaro. Ockham vi arrivò qualche anno dopo, fuggendo da
          Avignone insieme ad altri francescani. Fu anzi solo da quel momento che
          rinunciò alla logica, alla filosofia naturale e alla teologia per dedicarsi

          alla riflessione politica. Le condanne papali però li inseguirono. Quando
          Ludovico cercò di rappacificarsi col papato nel 1334, gli si chiese conto
          della presenza al suo servizio di Marsilio.
             L’imperatore restò a lungo in Italia nel tentativo di consolidare la propria

          posizione  politica.  Ludovico  il  Bavaro  si  sforzò  anche  di  modificare  le
          procedure  dell’investitura  imperiale,  per  fare  passare  il  principio  che
          la designazione a re di Germania accordasse immediatamente il titolo
          imperiale,  escludendo  l’intervento  da  parte  del  papa.  Ormai  da  secoli

          l’incoronazione  conferiva  al  pontefice  un  grosso  potere  d’intervento,
          ma Ludovico non riuscì nel suo intento e anzi ottenne solo, nel 1343, la
          scomunica da parte di Clemente VI.
             Gli sviluppi concettuali che abbiamo fin qui seguito potrebbero avere

          una ben più lunga trattazione che però ci porterebbe lontanissimi dall’età
          di  Federico.  All’inizio  del  Quattrocento  si  aprì  una  stagione  conciliare
          per stabilire il ruolo del papa e dei cardinali all’interno della chiesa, ma
          alla fine del secolo la Riforma avrebbe sconvolto il mondo cristiano. Per

          quanto riguarda il potere del papa sui governanti, sarà solo con il cardinale
          Roberto Bellarmino (1542-1621) che la chiesa opterà per una posizione
          ben  precisa,  quella  del  potere  indiretto  d’intervento  nella  dimensione
          temporale e del diritto di scomunicare un governante eretico e vietarne

          l’obbedienza ai sudditi. Ma questo avvenne alla fine del Cinquecento.
             Il rapporto tra stato e chiesa è infatti un problema che appartiene tanto



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