Page 18 - Federico II - Genio dei tempi
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cornacchia: sicuramente l’imperatore Enrico aveva mostrato sovente un
          atteggiamento spietato e crudele verso i sudditi della moglie, soffocando

          le ribellioni nel sangue e massacrando i familiari e i devoti della regina.
             Il pontefice Innocenzo III giocherà su questo contrasto di popoli: «il
          furore della bufera del Nord - scrive - spazza i monti della Calabria e getta
          polvere negli occhi degli abitanti di Puglia». Per tradizione, dal Nord per

          i popoli mediterranei non potevano arrivare che eventi cupi, tempeste
          distruttive, venti freddi come «fredda era quella terra buia dove ulula il
          lupo» (Ildegarda di Bingen).
             Costanza, ridivenuta regina in prima persona e non più solo consorte

          del re, agisce impersonando questi sentimenti. Manda in esilio assieme
          ad altri grandi il siniscalco imperiale Marcovaldo von Anweiler - che a
          sua volta anni prima aveva allontanato dal potere i nobili normanni - e fa
          chiudere in carcere Gualtieri di Palearia, vescovo di Troia e cancelliere del

          regno, anche lui avverso ai normanni. Cronisti e storici attribuiscono alla
          regina la volontà precisa di tener lontano il figlio dall’impero germanico
          e dalla terra del padre e di presentarlo a tutti unicamente come l’erede
          della  corona  dei  normanni.  Le  ragioni  possono  essere  varie:  il  timore

          per Federico, se fosse stato esposto da ambizioni troppo vaste all’odio
          di molti, forse anche il desiderio naturale dettato dall’affetto materno di
          tenere il figlio vicino.
             Pochi mesi dopo essere arrivato a Palermo, Federico viene incoronato

          re di Sicilia con il solenne e fastoso rito bizantino e con l’approvazione del
          papa, indispensabile perché la Sicilia era feudo di Roma.
             Il regno era travolto dall’anarchia anche perché i tedeschi esiliati da
          Costanza, che non aveva però il potere di far applicare la legge, erano

          gli  oppositori  più  temibili  della  regina,  che  trovava  invece  un  alleato
          naturale, benché interessato, soltanto nel papa. In quello stato di pericolo
          Costanza è obbligata a chiedergli come un favore di rendere l’omaggio di
          vassallaggio alla chiesa di Roma ed è costretta dalle difficili circostanze

          ad accettare da papa Innocenzo III (salito al soglio pontificio nel 1198)
          un concordato che rende la chiesa siciliana completamente dipendente
          da Roma. Secondo la tradizione la cura dell’erede è affidata al collegio
          dei «familiari» con a capo quel Gualtieri di Palearia gettato in prigione

          dalla regina e presto reintegrato dal pontefice al vescovato di Troia e al
          cancellierato del regno.
             Costanza  sopravvive  pochi  anni  alla  nascita  di  Federico:  muore  nel
          1198, quando il figlio e erede ha solo quattro anni, affidando la tutela del

          bambino al pontefice, signore del regno di Sicilia.
             Il figlio dell’imperatore Enrico rimane dunque lontano per ora dalle terre



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