Page 17 - Federico II - Genio dei tempi
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re normanno Ruggero II, si era sposata ormai trentenne con un principe
          più giovane di lei di dieci anni, e aveva generato l’unico figlio dopo ben

          otto  anni  di  matrimonio.  Tutti  avvenimenti  inconsueti  che  suscitavano
          interrogativi, dubbi, sospetti e anche paure. Così scrive fra’ Salimbene
          da  Parma  che  nella  sua  Cronica  fa  un  ritratto  di  Federico  fazioso  e
          complesso. Fra’ Salimbene - lo dichiara lui stesso - in gioventù subì il

          fascino di Federico: «lo incontrai e lo amai». Più tardi, sotto l’influenza del
          movimento gioachimita avverso all’imperatore, lo giudicò severamente,
          anche se a volte nel suo scritto possiamo leggere sentimenti più pietosi:
          «Federico II fu un potente ricco e grande imperatore ma incontrò molte

          sventure».
             Dante  (Paradiso,  III,  115-118)  colloca  Costanza  in  paradiso  perché  la
          giudica costretta dal matrimonio non desiderato («dal vel del cor già mai
          disciolta»)  a  lasciare  il  dolce  chiostro.  Anche  questa  è  probabilmente

          una leggenda ma fu creduta ampiamente anche per odio verso Federico:
          l’Anticristo  sarebbe  stato  partorito  da  una  monaca.  Altra  versione
          ugualmente negativa: il figlio non era suo o, persino, non era né suo né di
          Enrico e il padre naturale era un uomo socialmente umile che faceva un

          mestiere basso e sporco, il macellaio a Jesi. Si racconta che Costanza, per
          mostrare a tutti la sua reale (e regale, non dimentichiamolo) maternità,
          aveva fatto innalzare una tenda nella piazza del mercato di Jesi e aveva
          partorito davanti alla folla che avrebbe potuto così testimoniare, se non

          che Federico fosse il figlio dell’imperatore, almeno che fosse il vero erede
          dei sovrani normanni. E «aveva mostrato il suo seno nudo colmo di latte
          per  convincere  chi  non  credeva».  Da  una  lettera  di  papa  Innocenzo
          III allo stesso Federico, si deduce che uno dei più accaniti sostenitori

          delle malignità diffuse a proposito della falsa maternità di Costanza era
          Marcovaldo von Anweiler.
             Nella cronaca di Pandolfo Collenuccio, scritta tre secoli dopo, Compendio
          delle Istorie del Regno di Napoli, si legge che fu Gioacchino da Fiore, al

          quale l’imperatore Enrico si era rivolto per sopire i suoi sospetti riguardo
          alla paternità, a «certificare che Costanza era gravida di lui e li predisse
          che partoria un figlio maschio».
             Dopo la morte del marito, Costanza invia alcuni nobili pugliesi a Foligno

          con  l’incarico  di  portare  il  bambino  alla  corte  siciliana.  Anche  questa
          volta una voce si diffonde rapidamente: Costanza aveva fatto avvelenare
          il marito, un sospetto incoraggiato dal fatto che la regina condivideva
          con ogni evidenza l’avversione della maggior parte dei normanni per i

          tedeschi. Di loro i sudditi siciliani dicevano che erano rozzi e selvaggi e
          che il loro linguaggio somigliava al latrato di un cane o al verso di una



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