Page 12 - Federico II - Genio dei tempi
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modi di essere, due nature: nell’Eden Adamo possedeva per natura un
          corpo  integro  e  potente  e  un  intelletto  capace  di  intuizione  oltre  che

          di  ragionamento;  gli  uomini  dopo  di  lui  per  natura  divengono,  nella
          prospettiva  politica  e  anche  morale,  prevalentemente  corpi,  deboli,
          pietosamente esposti al bisogno e alle leggi violente della competizione,
          guidati da intelletti depotenziati e incerti e da una volontà deviata. La

          società politica è una grande società di corpi da governare e da tener a
          freno, mentre stretti dal bisogno quotidiano si fanno guerra e si eliminano
          l’un l’altro nel sangue, intrisi di «libidine del potere», passione radicata
          nella  dura  necessità  di  sopravvivere.  Questo  è  lo  scenario  della  Città

          terrena  descritta  da  Agostino,  scrutata  e  sorvegliata  con  attenzione  e
          timore e disciplinata con debole speranza dai Padri, dai papi, dai filosofi e
          dai giuristi. Due livelli di natura o due nature: quella edenica, da recuperare
          nella speranza e nella fede prospettate dai teologi; l’altra (quella dell’uomo

          in via), da controllare e contenere secondo il principio del minor male.
             Le  leggi  coercitive  dello  stato,  lo  stesso  matrimonio,  la  schiavitù,  la
          guerra sono tutti argini eretti contro le energie negative, la violenza e la
          rapina, la forza del sesso, l’aggressione, il bisogno, energie che tendono

          a cancellare la felice natura umana originaria.
             Il recupero di quella «natura sovrannaturale» era faticoso, lento, imponeva
          compromessi,  a  volte  sembrava  impossibile.  Alcuni,  molti,  nelle  prime
          comunità cristiane avevano pensato, per sottrarsi alla forza del desiderio

          sessuale, di rinunciare al matrimonio e ai figli; altri, in nome dell’amore
          tra fratelli, avevano liberato gli schiavi avvicinandosi pericolosamente alla
          povertà e scardinando le basi della ricchezza generale. «Meglio sposarsi
          che  bruciare»,  aveva  consigliato  Paolo,  e  Ambrogio  pensava  che  la

          schiavitù fosse contraria alla libertà naturale dell’uomo e tuttavia, dopo la
          «perdita della innocenza», inevitabile. Come la guerra.
             Nella  guerra  i  tre  ordini  che  costituiscono  la  società  medievale,  gli
          oratores,  coloro  che  pregano,  i  bellatores,  coloro  che  combattono,  e

          i laboratores, quelli che faticano lavorando, stanno fianco a fianco e si
          mescolano. Pregano ad alta voce i cavalieri con in testa il re invocando la
          presenza di Dio, mentre i fanti, fino al giorno prima contadini e artigiani,
          partecipano alla battaglia al pari dei cavalieri, anche se con armi rozze e

          senza usberghi e corazze.
             Persino  i  religiosi,  come  frate  Guerino  e  Guglielmo  il  Bretone,  non
          esitano a imbracciare la spada.
             Ma la guerra, l’omicidio di massa, non è forse la più grande «malizia

          del diavolo»? Era Bernardo di Clairvaux a chiamarla così: «Dovete aver
          timore  di  uccidere  le  vostre  anime  con  lo  stesso  colpo  con  il  quale



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