Page 11 - Federico II - Genio dei tempi
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anche alcune procedure legittimanti: la guerra deve essere promossa
dalla autorità riconosciuta, la parola data al nemico va mantenuta, le
rappresaglie e le violenze sui civili proibite... La posizione di Agostino
sulla guerra è di grande rilevanza nella sua chiarezza anche perché ha
continuato per secoli ad essere, nelle sue linee essenziali,
quella della chiesa cattolica e delle maggiori chiese protestanti e di
molti filosofi (Grozio e Pufendorf ad esempio).
Tuttavia, rimanendo nel contesto storico, non bisogna dimenticare
che la giustizia per Agostino non era una idea astratta, ma qualcosa di
terribilmente concreto ed evidente, una risposta ai barbari che invadevano
quella parte del mondo sconvolgendone l’ordine vigente, mantenuto
dall’impero e dalle sue leggi: quel mondo di cui anche san Gerolamo
guardava inorridito l’avvicinarsi della fine.
Ora siamo in grado di osservare con più chiarezza i due modelli
emergenti nel medioevo e centrali nell’esperienza cristiana di fronte alla
guerra: da una parte il rifiuto netto ed estremo delle armi, che comporta
(attraverso la scelta della povertà, l’ascetismo e persino l’accettazione
del martirio) l’estraneità al corpo sociale o almeno ad alcuni dei modi
fondamentali della convivenza umana; e dall’altra la riflessione sulle
modalità di contenimento della violenza che percorre anche le teorie
sulla guerra giusta.
Il primo modello, che ribadisce con forza l’assioma dell’amore o della
fraternità universale (come era già accaduto per gli stoici antichi), è
naturalmente più evidente nei primi secoli quando i cristiani sono una
minoranza (e più tardi fra gli eretici come i catari, i seguaci di Wyclif e l’ala
estrema degli hussiti guidata da Petr Chelcicky), mentre la seconda tesi,
che esplicitamente o implicitamente si riferisce alla ratio che distingue
la specie umana nei confronti degli altri animali, viene sostenuta fra i
cristiani da alcuni pontefici e da molti maestri della scolastica.
La guerra è ammessa anche da papa Gregorio Magno, che la considera
legittima e giustificata dal fine persino quando avviene «con lo scopo di
allargare i confini del regno in cui il Dio vero è adorato»; e da Tommaso
d’Aquino, per il quale la guerra appartiene alla natura umana indebolita
dalla Caduta e segnata dal bisogno e dal conflitto. Le regole di una guerra
«giusta» restano allora quelle dettate dall’antico ius gentium e rientrano
nei confini di un’analisi e una discussione antica e comunque precristiana.
La divisione fra i due modelli non è però così netta nel corso dei secoli
e questo perché il quadro di riferimento è unitario. Centrale è infatti l’idea
di Caduta, che opera una frattura e genera un doppio livello di analisi
sulla natura umana. Il termine natura significa in questa prospettiva due
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