Page 8 - Federico II - Genio dei tempi
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Filippo Augusto e istitutore di suo figlio.
I chierici francesi cantano emozionati lodi a Dio e ricordano a voce
spiegata i meriti della corona francese verso la chiesa, meriti tanto più
notevoli a paragone delle ingiustizie patite dagli ecclesiastici ad opera
del re inglese Giovanni Senza Terra e dell’imperatore Ottone. «Cantavano
meglio che potevano impediti dalle lacrime e dai singhiozzi».
Questo è l’antefatto di una battaglia non prevista che dura molte ore
e si conclude con una vittoria che resterà nell’immaginario dei francesi
come poche altre: Marignano o Austerlitz. La percezione della vittoria i
francesi l’hanno chiara quando «Ottone fugge finché il cavallo gli cade
morto sotto e con un secondo cavallo riprende a fuggire a più non posso
perché non riesce a resistere al valore dei cavalieri di Francia». Annota
ancora Guglielmo il Bretone che «il carro sul quale stava lo stendardo di
Ottone è fatto a pezzi, il drago infranto e l’aquila dorata è portata con le
ali lacerate davanti al re di Francia».
La vittoria infatti è tutta francese, anzi di Filippo Augusto il sovrano di
Francia, vero protagonista dell’evento e nemico numero uno di Ottone
di Brunswick, l’imperatore scomunicato. Ma coinvolto nella battaglia c’è
un personaggio destinato a un grande avvenire anche a causa di questa
splendente vittoria francese. È un giovane uomo di vent’anni: Federico di
Svevia, orfano di Enrico VI imperatore e di Costanza d’Altavilla. È nipote
del grande Federico Barbarossa, da un anno re di Germania lui stesso
e perciò rivale di Ottone. È a lui che Filippo Augusto fa portare l’aquila
strappata a Ottone, non prima di aver fatto riparare le ali lacerate.
Ancora una volta una guerra ribalta i destini, cambia la faccia dell’Europa,
apre le strade a nuovi ordini e nuovi uomini, come Federico di Svevia. La
sua fortuna è ora alta sulla ruota.
La guerra coronata dalla battaglia di Bouvines era stata una guerra
«giusta» come il pagano Cicerone e il cristiano Isidoro di Siviglia avevano
definito il conflitto motivato dalla necessità e condotto secondo le regole?
Tutti i sovrani combattenti a Bouvines erano cristiani. Potevano i cristiani
combattere fra loro?
Nel Vangelo molti sono i passi che incitano alla remissività di fronte alla
violenza, una remissività fondata sull’amore che si deve portare anche
al proprio nemico: il cattolicesimo, nei secoli, ha in sostanza preservato
il significato di quell’invito alla pace senza condizioni, ma via via lo ha
confinato al mondo monastico, ideale di vita serena e veramente cristiana,
giardino «chiuso e felice» e prototipo per gli altri, quelli che stanno
fuori. Il cristiano dei primi secoli - che sarà un modello esemplare così
impegnativo e estremo per gli eretici medievali o meglio per tutta l’area
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