Page 16 - Federico II - Genio dei tempi
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un problema di fondo, ma non il solo.
             Nel  1197  Enrico  scopre  una  nuova  congiura  contro  la  sua  persona

          organizzata dai nobili siciliani e riesce a fatica a salvarsi. Con la consueta
          durezza rapida e selvaggia fa giustiziare i capi dopo averli orrendamente
          torturati e ingiunge a sua moglie Costanza di assistere a quello scempio.
          È un gesto di prepotenza crudele, che avvalora la voce che alla congiura

          abbia prestato aiuto la regina (e forse anche il vecchio papa Celestino
          III). Uno dei baroni, accusato di voler diventare re di Sicilia al posto di
          Enrico, è condannato a una morte atroce con un supplizio degno delle
          peggiori tradizioni di ferocia: gli viene posta e fissata sul capo una corona

          incandescente.
             Ma proprio in quei mesi il clima torrido siciliano è fatale all’imperatore
          e in poche settimane Enrico si ammala e muore a Messina: è inevitabile
          che  nasca  la  voce  che  il  sovrano  sia  stato  avvelenato  dalla  consorte

          normanna.
             Enrico aveva incontrato suo figlio solo due volte, a pochi mesi dalla nascita
          a Foligno, e poi al battesimo, quando il piccolo assunse definitivamente il
          nome di Federico, in luogo di quello di Costantino datogli alla nascita. Il

          testamento di Enrico VI (riportato da una lettera dell’arcivescovo Anselmo
          di Napoli, sulla cui autenticità ci sono dubbi) manifesta con chiarezza la
          percezione dei pericoli imminenti e si esprime con una insolita cautela
          ben  diversa  dal  comportamento  audace  e  aggressivo  tenuto  in  vita:

          Enrico esorta al compromesso e persino alla rinuncia, preoccupato di
          salvaguardare il nucleo del dominio per il figlio.
             La  Imperatrice  nostra  consorte  e  nostro  figlio  Federico  prestino  al
          pontefice e alla Chiesa Romana tutti quei giuramenti che per tradizione i

          re di Sicilia prestavano rassicurando il loro Signore e Papa come è stato
          fatto in passato. Se la nostra regina morirà per prima, mio figlio manterrà
          il suo titolo, se mio figlio morirà senza eredi, il regno di Sicilia tornerà alla
          Santa Chiesa... Quando il pontefice confermerà a nostro figlio il regno e

          l’impero, ordiniamo che i nostri territori già della Contessa Matilde vadano
          al Papa e alla Romana Chiesa salvo Messina e Argelata assieme alle loro
          terre... Inoltre ordiniamo che il ducato di Ravenna e la Marca di Ancona
          siano affidate al nostro siniscalco Marcovaldo [Marcovaldo von Anwciler]

          dallo stesso pontefice come Messina e il suo territorio e che Marcovaldo
          presti giuramento di fedeltà al Papa come suo Signore. Questi territori
          alla morte senza eredi di Marcovaldo restino al pontefice e alla Santa
          Chiesa di Roma...

             Sulla madre di Federico, Costanza, si erano subito dette - e si scrissero
          anche in seguito - molte cose. Nata dopo la morte del padre, il grande



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