Page 176 - Federico II - Genio dei tempi
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applicazione del principio della dipendenza del potere secolare da quello
          spirituale, nell’ottica di un potere discendente da Dio al suo rappresentante

          in terra (il papa), che avrebbe delegato l’esercizio del potere secolare a
          chi gli fosse parso degno. Zaccaria, inoltre, rispetto ai suoi predecessori,
          si  era  prepotentemente  allontanato  da  Bisanzio,  contravvenendo  alla
          pratica di chiedere una conferma della propria elezione all’imperatore.

             La chiesa in effetti, anche con la successiva incoronazione di Pipino e
          dei suoi figli e la loro nomina a patricii Romanorum (patrizi dei Romani),
          venne meno alla linea, che era stata esplicitata da Gregorio II, di non
          interferenza negli affari secolari. Sebbene le manovre fossero volte alla

          difesa del patrimonio ecclesiastico contro i longobardi, esse inserivano
          la chiesa in un discorso di tipo istituzionale nel quale sarebbe rimasta
          coinvolta per tutto il medioevo. La chiesa romana si legava strettamente
          alla nuova dinastia regnante, ma iniziava anche un rapporto dialettico,

          come mostrò di lì a qualche decennio il caso dell’incoronazione di Carlo
          Magno.
             Figlio di Pipino, una volta divenuto l’unico erede, Carlo diede vita a
          un’ampia operazione di espansione dei domini franchi e ad un tentativo

          di creazione di un edificio culturale e istituzionale per il suo impero.
             Al re franco veniva assegnato, da Catulfo (IX sec), il compito di intervenire
          nella chiesa per riformarla e difenderla da nemici interni ed esterni. Il
          sovrano  faceva  della  religione  cristiana  una  ragione  ideologica  della

          politica: in suo nome egli sottomise i barbari sassoni, per farli rinsavire
          e spingerli ad obbedire alla religione cristiana. Carlo si era costruito un
          ruolo di difensore del cristianesimo, che però gli garantiva una possibilità
          di intervento nell’istituzione ecclesiastica, come fece in occasione della

          difesa di Leone III, pontefice eletto tra i dissensi. Leone, minacciato da
          funzionari della Curia, si rifugiò presso Carlo e qui fu raggiunto comunque
          dalle accuse di fornicazione e spergiuro. Il fatto che Carlo fosse ritenuto
          arbitro  della  vicenda  è  indicativo  del  ruolo  che  andava  assumendo

          rispetto alla cristianità occidentale e al corpo sacerdotale della chiesa
          romana. L’intera faccenda dell’inchiesta avviata per accertare i crimini
          del pontefice si risolse a favore di Leone: sia perché vennero accusati di
          corruzione gli stessi commissari sia per la difficoltà dottrinale di sottoporre

          a giudizio il papa.
             Se,  da  un  lato,  si  andava  prospettando  una  linea  cesaropapista,  di
          controllo  cioè  del  potere  politico  su  quello  spirituale,  dall’altro,  però,
          gli eventi del dicembre dell’800 misero in luce un tentativo più sottile

          da parte del papa. La notte di Natale di quell’anno, infatti, Carlo venne
          incoronato imperatore dal papa. Il gesto era altamente simbolico: metteva



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