Page 174 - Federico II - Genio dei tempi
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carica imperiale. La tesi di Gelasio restava abbastanza ambigua da poter
          essere interpretata in direzioni molto diverse, mettendo l’accento sulla

          sottomissione del papa alle leggi terrene dell’imperatore o, al contrario,
          evidenziando  il  dovere  di  intervento  del  pontefice  proprio  per  salvare
          l’anima del principe. E infatti, nei secoli successivi, evocare la distinzione
          tra i due poteri avrebbe avuto significati politici assai diversi.





          Papi e imperatori d’Oriente nell’alto medioevo



             Gregorio I (590-604), il grande papa che operò alla fine del VI secolo,
          si  ispirò  ad  una  prospettiva  che  richiamava  quella  di  Gelasio  nella
          convinzione  del  ruolo  morale  dell’autorità  pontificia  nella  correzione
          delle autorità secolari, senza però che ciò comportasse o presupponesse

          un’interferenza o una contestazione del potere secolare o della persona
          che lo incarnava. Gregorio riteneva che l’obbedienza comportasse anche
          una critica costruttiva. Si trattava, in altre parole, di correggere gli uomini,
          di indurli alla virtù, di convincerli dell’importanza dell’umiltà, che tende a

          venire meno quanto più cresce il potere che si esercita. Il papa intendeva
          il proprio ruolo come quello di un consigliere spirituale, privo del potere
          di intervenire in senso istituzionale. Il tentativo di Gregorio era definire un
          ordine politico che prevedesse al proprio interno un particolare segmento

          di  trascendenza  (l’autorità  sacerdotale)  da  rispettare,  ma  a  sua  volta
          rispettoso dell’autonomia del potere laico.
             Fino  alla  seconda  metà  dell’VIII  secolo,  il  referente  istituzionale  del
          papato fu l’impero romano d’Oriente. Non solo per ragioni storiche, cioè

          il fatto che fosse l’ultima eredità dell’antica potenza romana, ma perché
          le coste italiane e il Sud della penisola restavano sotto il suo controllo.
          Tuttavia, i conflitti dottrinali con la chiesa orientale, le pretese bizantine di
          controllo sulla chiesa romana, ma anche l’incapacità di difendere l’Italia

          dall’assalto longobardo finirono con il logorare i rapporti e ben presto i papi
          iniziarono a marcare la distanza rispetto a Bisanzio, rifiutando l’obbedienza
          ai suoi ordini o vietando l’ingresso in Roma dei suoi rappresentanti.
             Rispetto all’impero, perciò, la chiesa iniziava a emergere in vari modi

          come un corpo autonomo, dotato di una sua politica. Tutto ciò divenne
          palese all’epoca della disputa iconoclastica. Questo scontro riguardò il
          culto delle icone, delle immagini sacre, ma aveva anche radici sociali e
          politiche. L’imperatore bizantino Leone III (717-741) sosteneva l’illegittimità

          del culto delle immagini sacre, sia per ragioni spirituali che per contrastare
          il potere e l’influenza dei ricchi ordini monastici. Egli, in questo modo,



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