Page 155 - Federico II - Genio dei tempi
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dei peccati. Fulcherio di Chartres, il cronista più attendibile della prima
          crociata,  sostiene  che  Urbano,  nel  suo  discorso,  invitò  esplicitamente

          ad  interrompere  gli  scontri  tra  cristiani  e  a  volgere  le  proprie  energie
          alla liberazione dei Luoghi Santi, oppressi dalla dominazione dei turchi,
          descritta  come  oppressiva  e  crudele.  L’arrivo  nell’impero  d’Oriente  di
          soldati provenienti dalla Francia di per sé non sarebbe stato usualmente

          motivo di stupore: non era infatti raro che a Bisanzio si assoldassero dei
          cavalieri occidentali come mercenari per combattere l’avanzata dei turchi.
          Ma l’appello di Urbano ebbe conseguenze ben più profonde.
             Innanzitutto  occorre  chiedersi  la  ragione  di  questa  insistenza  sul

          brigantaggio, le guerre private, gli scontri fratricidi. Da tempo, per frenare
          la ferocia dei cavalieri, venivano proclamate da parte degli alti uomini di
          chiesa le «paci di Dio» o, successivamente, le «tregue di Dio».
             Circa un secolo prima dell’appello di Clermont, i vescovi soprattutto

          della Francia centrale e meridionale si erano posti il problema di frenare
          la diffusione dei castelli e delle guerre private che spesso i principi non
          riuscivano più a controllare. L’esistenza di un ceto di cavalieri cadetti, privi
          di beni a causa dell’indivisibilità dei feudi tra gli eredi, generava fenomeni

          di guerra privata e violenza. L’espressione «pace di Dio» indica proprio
          la  risposta  che  le  autorità  ecclesiastiche  cercarono  di  dare  a  queste
          situazioni drammatiche.
             Gli  interessi  materiali  della  chiesa  erano  per  altro  pesantemente

          coinvolti perché, come attestano i documenti di vari sinodi (Laprade, Le
          Puy, Anse, Charroux) tenutisi nell’ultimo ventennio del X secolo, i divieti,
          gli ammonimenti, gli anatemi si rivolgevano soprattutto a quei signori
          laici che saccheggiavano i territori e i beni delle chiese, oltre che i beni

          di poveri come i contadini. A questi tentativi di porre un freno ad una
          situazione di scontri feudali partecipava anche l’aristocrazia laica, come
          fece il duca di Aquitania, che convocò nel 1010 un grande concilio.
             Nel  corso  dell’XI  secolo  la  pace  di  Dio  acquistò  altre  valenze:  si

          disciplinava la guerra individuando le categorie che non dovevano essere
          coinvolte  (contadini,  mercanti,  uomini  di  chiesa,  e  più  in  generale  gli
          «inermi», cioè coloro che non erano armati) e i periodi in cui lo scontro
          era interdetto. Insomma, le norme emanate assunsero un carattere più

          generale. In alcuni casi, come penitenza per la violazione di queste «tregue
          di Dio», era previsto il pellegrinaggio a Gerusalemme.
             È importante notare che i concili e i sinodi convocati per promuovere
          paci e tregue di Dio non negavano la legittimità della guerra, ma cercavano

          di disciplinarla, di distinguere tra una guerra giusta e una ingiusta, tra una
          guerra diretta dalle autorità e una guerra intestina, feudale, spesso estesa



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