Page 151 - Federico II - Genio dei tempi
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contro i saraceni che abitavano nell’isola da tempo, prima dei normanni,
          e avevano reso così difficile e precaria la sua vita di sovrano bambino e

          poi adolescente arrivando a allearsi con Marcovaldo von Anweiler. Verso
          il 1220 la situazione era divenuta insostenibile: Girgenti nel territorio di
          Agrigento era una roccaforte islamica dove le chiese cristiane erano state
          distrutte e il vescovo fatto prigioniero. Ma Federico era oramai in grado di

          affrontare il problema. Il capo dei rivoltosi Ibn Abbad si arrese dopo due
          mesi di assedio e, sebbene in ginocchio chiedesse perdono, fu preso a
          calci dallo stesso imperatore che selvaggiamente infuriato lo ferì con i
          suoi speroni e ordinò la sua impiccagione sulla piazza di Palermo. Poco

          dopo il re fece prelevare e deportare, in Puglia a Lucerà, lontano dai centri
          della rivolta quasi ventimila saraceni, i più irriducibili, forse il dieci per
          cento della intera popolazione musulmana.
             La città diventò una enclave islamica: Federico impose ai musulmani

          (che  l’avevano  imposto  a  loro  volta  altrove  ai  cristiani  e  agli  ebrei)  il
          testatico concedendo loro in cambio la pratica del diritto e della religione
          islamica  e  cominciò  visibilmente  a  prediligere  quella  terra  dove  fece
          costruire un importante castello indicato dai suoi avversari come il solito

          luogo  di  delizie  pericolose  all’anima,  dotato  di  harem  naturalmente,
          di  giardini  e  decori  sontuosi  e  esotici.  Alcuni  storici  hanno  parlato  di
          tolleranza  «illuministica»,  a  proposito  dell’atteggiamento  di  Federico
          verso i saraceni di Lucerà, liberi di professare la loro fede. Ecco un’altra

          prospettiva storiografica che invade e stravolge la lettura del personaggio
          e  dell’epoca:  strumenti  di  periodizzazione  e  interpretazione  accettati
          convenzionalmente dagli storici (e utili esclusivamente nel loro lavoro)
          si sovrappongono all’indagine sulla realtà, diventando a loro volta realtà

          in cui collocare uomini che vissero di fatto nel loro tempo e non in una
          categoria  storiografica.  «La  storia  non  è  prodotta  da  chi  la  pensa»:
          Federico non è un principe «rinascimentale» e per quanto possa forse
          sembrare più strano neppure «medievale» nel senso generico e confuso

          che il termine ha oramai inevitabilmente assunto.
             «Medievale» come Carlo Magno o come Filippo il Bello di Francia?
             Il tempo è - penso - il vero problema della biografia: una vita attiva
          durava al massimo se la fortuna era favorevole poco più di cinquant’anni

          (e le cose non sono molto cambiate in seguito), un tempo stretto e definito
          da due date, nascita e morte del protagonista, che da un punto di vista
          puramente storiografico sono paradossalmente convenzionali o meglio
          «ingiustificate». E anche un tempo in molti casi troppo breve per cogliere

          mutamenti significativi nella durata storica.
             Kinunciare quindi alla biografia? Penso di no, se la si considera una parte



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