Page 149 - Federico II - Genio dei tempi
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come un attore. Ogni sua dichiarazione e le dichiarazioni di chi gli sta
vicino, come Pier delle Vigne o gli è contrario come Rainiero di Viterbo,
lo rappresentano mentre fa o dice qualcosa di spettacolare, memorabile
e nel bene o nel male eticamente rilevante: punisce con estrema durezza
il figlio infedele, perdona clamorosamente o annienta esemplarmente un
nemico, monta in collera in modo evidentemente progettato, si presenta
come «sempre vittorioso» anche dopo una battaglia perduta o in lettere
altisonanti indirizzate alle corti europee «perseguitato come il Cristo», si
dichiara l’esecutore del piano provvidenziale divino, interroga da pari a
pari sapienti al di là del mare e dotti della sua corte sui massimi problemi
filosofici. Personaggio pubblico, Federico rientra quindi sempre in un
ruolo, il medico sapiente e benevolo dei suoi sudditi, l’agnello fra i lupi, il
leone ferito, l’orso furente, l’aquila superba, il dragone e l’Anticristo...
O meglio, personaggio quasi sempre pubblico: qualche spiraglio privato
e affettivo lo troviamo in alcuni passi del suo De arte venandi, dove si
legge la passione autentica e vitale per gli «animali alteri», i suoi falconi,
la sollecitudine per i compagni di caccia, la tentazione di abbandonarsi
all’allegria più semplice assieme a loro come un comune mortale dopo un
fortunata giornata di caccia vissuta insieme... Tentazione dichiaratamente
frenata dalla consapevolezza del suo altissimo ruolo che non lo abbandona
evidentemente mai.
Le sue donne e gli affetti familiari avrebbero potuto dirci di più. Ma
sulle prime è silenzio e a proposito dei figli conosciamo soprattutto il
dolore, quello dichiarato in modo solenne dopo il suicidio di Enrico, quello
sdegnoso e anche esso proclamato ad alta voce quando i bolognesi
catturano Enzo. In alcune brevi dichiarazioni si può indovinare un affetto
forse speciale e senz’altro solidale verso Manfredi, a cui piaceva come al
padre andare a caccia con i falconi, comporre e cantare poesie e, pare,
indossare ampi mantelli verdi...
Grande personaggio, Federico non ha avuto la fortuna di avere per
le sue imprese un testimone e un biografo «affettivo» ma credibile ed
efficace come sarà Joinville per Luigi IX di Francia: per l’imperatore si va
da un estremo all’altro, dalle accuse ingiuriose e molteplici ma in fondo
generiche di tiranno lussurioso, «turpissimo nel pensiero e nelle azioni»,
crudele e violento, in breve infame (per esempio: Niccolò da Calvi) ai
pettegolezzi e infine agli elogi amici e cortigiani che lo dichiarano
dispensatore di misericordia, magnanima Fonte di Sapienza, campione
di cortesia, Sole di Giustizia...
La stessa tendenza ritorna in alcune biografie moderne che tendono a
dare di Federico un ritratto unitario a tutto tondo improntato a una idea
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