Page 143 - Federico II - Genio dei tempi
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Fra’ Salimbene, certamente non simpatetico, ci dà un quadro malizioso
e di basso profilo: Piero aveva accumulato un tesoro attraverso le illecite
ricompense per i favori dispensati in quegli anni di amministrazione del
regno e Federico, sempre alla ricerca di denaro, voleva impadronirsene.
I nemici di Pier delle Vigne avrebbero quindi colto un momento assai
opportuno per accusare e sbarazzarsi del grande rivale del quale quasi
tutti a corte - è verosimile - erano invidiosi. Ma il racconto di Salimbene
è come altre volte più basso e volgare delle vicende e dei personaggi
oggetto della sua Cronica: «L’imperatore non sapeva conservare la
amicizia di nessuno e anzi si vantava di non aver mai ingrassato un porco
del quale non avesse avuto poi la sugna. E intendeva dire che non aveva
mai innalzato alcuni alla ricchezza e agli onori senza poi vuotargli la
borsa...».
È vero comunque che l’imperatore era in quel momento fragile, forse in
modo particolare, dopo la sconfitta di Parma e aveva già conosciuto da
più di un decennio il tradimento anche attraverso la ribellione del proprio
figlio.
Nel gennaio del 1249 a Cremona il protonotaio venne arrestato senza
preavviso: sembra che i cittadini cremonesi esultassero alla notizia
e volessero persino linciarlo. Pier delle Vigne fu trasferito a Fidenza e
poi poco dopo a San Miniato in Toscana. Lì giudicato colpevole di
malversazioni e di corruzione fu accecato. L’amarezza della caduta e, se
la pensiamo allo stesso modo di Dante, la disperazione per la ingiustizia
subita sopraffecero Piero che si uccise fracassandosi la testa contro il
muro della cella. «Altri invecchiano con il tempo io per dolore... Ero ricco
e amato, chiamato da un umile stato a cose grandi e promosso a imprese
altissime».
Alcuni riportano un’altra storia, quasi un topos nelle narrazioni a
proposito delle rotture tragiche non infrequenti fra i tiranni e i loro
collaboratori più vicini: la congiura contro l’imperatore e il tentativo
di avvelenamento. Matteo da Parigi contribuisce a diffondere questa
versione. L’imperatore malato assumeva alcuni farmaci consigliati dal suo
medico, segretamente prezzolato dal pontefice. Federico insospettito lo
obbliga a bere metà della pozione: preso dal terrore il dottore finge di
versarla a terra incidentalmente. Ma il poco liquido rimasto basta per
uccidere alcuni prigionieri confermando l’esistenza della congiura. Sempre
secondo Matteo da Parigi, Federico quando è informato del tradimento
scoppia in lacrime declamando: «Me infelice colpito fin nell’intimo. Pietro
che credevo una roccia ed era la metà dell’anima mia mi ha preparato
con l’inganno la morte».
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