Page 138 - Federico II - Genio dei tempi
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è in trappola.
             E allora fa qualcosa di clamorosamente definitivo: prima che Federico

          arrivi a Lione per difendere la sua causa, mostrando ancora una volta
          il  suo  timore  di  incontrarlo,  vederlo  e  ascoltarlo,  emette  la  sentenza
          irrevocabile: formalmente proibisce che da parte dei sudditi gli si presti
          obbedienza. In sé la cosa era già implicita nella scomunica, ma questa

          volta si tratta di una solenne deposizione o destituzione sulla linea delle
          ambizioni del Dictatus papae: tutti i sovrani in base alla dottrina della
          plenitudo potestatis erano subordinati al papa. Nella sentenza davanti al
          concilio (non numeroso e quindi denunciato da Taddeo da Sessa come

          non ecumenico), fra le eccezioni sollevate dai rappresentanti del re di
          Francia  e  di  Inghilterra  subito  messi  a  tacere,  il  papa  dà  lettura  delle
          accuse formali. In sostanza queste ricalcano le astiose espressioni del
          cardinale Rainiero: Federico era amico dei saraceni e alleato della setta

          degli Assassini, era un adultero, un sacrilego, non si curava della salvezza
          dell’anima sua, perseguitava i sacerdoti, non soccorreva i poveri e altre
          cose ancora... L’imperatore era già sulla via per Lione, a Torino. Senza
          parole, irato sceglie una delle sue molte corone e, oramai libero perché

          deposto con infamia, se la pone sul capo minacciando il papa: «Sono
          stato incudine troppo a lungo battuta, da oggi sarò martello».
             La ruota della fortuna scende rapida per Federico, e tuttavia...
             Innocenzo IV, nel suo grandioso programma di annullamento di Federico

          e degli svevi, incontra alcune difficoltà in Germania: sono pochi gli elettori,
          fra i quali i vescovi di Magonza, Treviri e Colonia, a sostenerlo anche se per
          l’imperatore l’entusiasmo non è più quello dei tempi prosperi. Comunque
          la rivolta contro Federico tanto auspicata dal papa non scoppia e con la

          morte del duca d’Austria, anche questa è inglobata nel dominio imperiale.
          Un punto per Federico.
             Il  regno  di  Sicilia,  quello,  diviene  allora  l’obiettivo  di  Innocenzo,  che
          sogna  la  realizzazione  di  un  regno,  che  era  formalmente  già  vassallo

          di Roma, dove finalmente la religione costituisca la base della struttura
          politico-giuridica attraverso l’indipendenza degli ecclesiastici dai tribunali
          secolari (anche nei casi di alto tradimento) e l’abbandono della legislazione
          normanno-sveva. Ma il clero meridionale non accoglie favorevolmente

          le idee del papa e molti, non solo Berardo vescovo di Palermo sempre
          fedele, rimangono al fianco di Federico.
             L’inverno del 1247 riporta al nord dalla Sicilia, dove aveva represso una
          ribellione, l’imperatore che vuole serrare le fila dei suoi incoraggiando

          i  principi  tedeschi  e  chiudere  la  questione  lombarda.  La  situazione
          nella Pianura Padana è però oscillante. Il figlio Enzo preme sui guelfi e



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