Page 140 - Federico II - Genio dei tempi
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vita: la collaborazione fra Federico e il suo braccio destro, quasi un alter
          ego per l’imperatore, fu una intesa piena e totale durata, appunto, più di

          vent’anni. Era stata una straordinaria solidarietà intellettuale e di lavoro o
          anche un’amicizia solida e leale? Non lo sapremo mai perché i sentimenti
          secondo lo stile degli scritti di quei secoli sono espressi «alla ribalta» e
          sotto il velame di discorsi costruiti con arte. Si può quindi immaginare

          che le parole dicano di più o diversamente dalla invisibile intenzione del
          cuore.
             È certo però che una profonda e rapida comprensione delle intenzioni
          unite  a  una  innegabile  coincidenza  di  progetti  dovevano  essere  state

          assolute per più di vent’anni, fino a quel fatale 1249.
             Colui che tenne entrambe le chiavi del cuore di Federico, Pier delle Vigne,
          nel 1225 era stato nominato giudice della Magna Curia (è naturale ritenere
          Piero insieme a Federico l’autore del Liber augustalis del 1231), nel 1239

          era divenuto cancelliere della corte imperiale e nel 1247 logoteta (titolo
          che veniva dalla tradizione bizantina) e «protonotaio dell’aula imperiale»,
          titolo creato per lui. Piero parlava con sapienza retorica riconosciuta da
          tutti ed efficacia straordinaria a nome del suo sovrano, dando alla teoria

          del potere di Federico l’espressione più autorevole, efficace ed elegante.
             La posizione di Piero e la sua capacità erano riconosciute nel regno:
          nel 1234 professori e studenti, presentando una richiesta per rinnovare lo
          Studium di Napoli, si rivolgono non a Federico imperatore ma a Pier delle

          Vigne,  «assertore  esclusivo  della  verità».  Si  tratta  della  verità  politica,
          quella dei fatti, e della volontà del sovrano. E di Pier delle Vigne la lettera
          indirizzata ai «docenti in filosofia» della università di Napoli che parla di
          libri, di quei codici sermoniales et mathematici (di logica e di matematica)

          scritti in greco e in arabo da tradurre e studiare.
             Pier  delle  Vigne  -  va  ricordato  -  era  interessato  ai  modi  e  agli  stili
          dell’insegnamento universitario: aveva studiato a Bologna dopo che a
          Capua, dove fioriva una scuola di ars dictaminis influenzata nello stile

          dalla Curia pontificia. Del resto lo stile della cancelleria papale era già
          penetrato  nella  cancelleria  dei  re  normanni  con  Tommaso  vescovo  di
          Reggio.
             «Meraviglioso dictatore» lo definisce il Boccaccio e anche «artificioso»,

          espressione di apprezzamento che dice «tutta l’arte di uno stile ricco di
          biblismi, metafore, parallelismi, uso del climax, allitterazioni, figurazioni,
          ben compiuto nella maniera del Contrasto fra la rosa e la viola scritta per
          l’imperatrice Isabella d’Inghilterra» (Oldoni 1995).

             Piero parla dunque con verità a nome del suo sovrano ma non soltanto.
          Piero pensa con lui, vede e segue con lui per molti anni lo svolgersi delle



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