Page 136 - Federico II - Genio dei tempi
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per quella Europa litigiosa e divisa, ma Federico chiamava all’unità la
          «strapotente Europa imperiale» e si diceva certo che le sue aquile vittoriose

          avrebbero piegato la superbia del «drago mongolo». Nel suo proclama si
          rivolgeva alla «Germania fervente nelle armi, alla Francia nutrice della più
          abile cavalleria, alla Spagna audace, alla feroce Inghilterra ricca di uomini
          e di navi, alla Dacia forte sul mare, alla indomita Italia, alla Borgogna che

          non conosce la pace, alla Sicilia, a Cipro e Creta... alla vivace Scozia e alla
          Norvegia terra di ghiaccio». Mai la cancelleria imperiale aveva sfidato
          tanto la fantasia e le parole altisonanti erano state così lontane dalla realtà
          e dallo scopo proposto. Federico sembra saperlo:

             Torna  alla  nostra  mente  la  dolorosa  immagine  di  un  avvenimento
          passato quando mentre compivamo la nostra spedizione a difesa della
          Terrasanta contro i saraceni che perseguitavano la nostra fede come oggi
          fanno i tartari, il nostro amatissimo Padre raccolse truppe dai milanesi

          e dai loro alleati. Mentre noi combattevamo al di là del mare egli con
          violenza invase il nostro regno di Sicilia e proibì a tutti i fedeli cristiani di
          aiutarci nella causa di Nostro Signore.
             Quella contro i tartari sarebbe stata una guerra mondiale, ossia una

          guerra dell’Europa contro «quelli venuti da lontano», ignoti fino ad allora.
             Il territorio in cui si muovevano ancora cautamente ma con propositi
          bellicosi i due massimi contendenti, Federico e il nuovo pontefice, era
          al  confronto  uno  spazio  che  ci  appare  minimo.  Non  bisogna  lasciarsi

          ingannare: non si trattava della contesa per Viterbo, Jesi o Ravenna -
          scontri di misura relativamente modesta anche se aspri fra le due forze
          - ma sempre e ancora del conflitto per l’incompatibilità radicale delle due
          dottrine sulla potestas piena, il potere assoluto e universale sugli uomini.

             Le  difficoltà  spingevano  all’accordo  soprattutto  Federico,  pieno  di
          debiti,  obbligato  a  imporre  nuove  tasse,  oppresso  dalla  scomunica:
          l’imperatore ammette allora di aver agito male contro papa Gregorio e
          pensa di arrivare a restituire le posizioni occupate o almeno alcune in

          cambio della assoluzione. Iniziano minuziosi e confusi negoziati e ad un
          certo punto, nel 1244, nasce la proposta di incontrarsi con Innocenzo IV
          faccia a faccia a Narni, a nord di Roma. Federico accetta il luogo a lui
          non favorevole (sarebbe stato meglio un centro a sud di Roma) pur di

          incontrare il pontefice: lo si direbbe sicuro di perorare con efficacia le sue
          ragioni e di essere in grado di convincere l’avversario come altre volte era
          successo.
             Ma il pontefice uscito da Roma cambia strada e punta su Civitavecchia,

          dove si imbarca su una nave della sua città natale, Genova, per dirigersi poi
          a Lione, città imperiale ma vicina al regno di Francia. Anche Innocenzo IV



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