Page 134 - Federico II - Genio dei tempi
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un’umiliante pace, almeno secondo la versione di Matteo da Parigi.
             Si diffondeva intanto a Roma l’idea di un concilio generale al quale

          le due parti avrebbero presentato il loro Cahier des doléances: ma chi
          avrebbe  giudicato  sulla  verità?  I  due  contendenti  avevano  entrambi
          rappresentanti  alla  Curia  e  fra  i  vescovi:  il  quesito  era  importante  ma
          teoricamente irrisolvibile, perché papa e imperatore, secondo le dottrine

          delle due opposte potestà, erano speculari quanto aplenitudo e ampiezza.
             Quando Gregorio IX annuncia per la Pasqua del 1241 il sinodo, Federico
          rifiuta di garantire la sicurezza di coloro che si recano a Roma per quella
          occasione e - fatto ancor più grave - proibisce ai suoi sudditi siciliani e

          tedeschi di partecipare al concilio. La minaccia dell’imperatore è reale.
          Coloro che partendo dalla Lombardia e dalla Germania si imbarcano sulle
          navi genovesi che spiegano vele bianche con la croce rossa (segno della
          fede dei viaggiatori nella causa del papa) sono assaliti dall’ammiraglio

          pisano  Ansaldo  de’  Mari,  sopraffatti  e  in  gran  parte  massacrati  o  fatti
          prigionieri. Chi era giudicato nemico di Federico non poteva certamente
          sperare nel suo perdono: era, qualsiasi fosse il suo rango, un nemico e un
          ostaggio.

             Nella  Curia  romana  alcuni  cardinali,  fra  i  quali  il  futuro  nemico  di
          Federico Sinibaldo de’ Fieschi (diverrà papa con il nome di Innocenzo IV)
          e Rainiero di Viterbo, nutrono una crescente ostilità verso l’imperatore.
          Guerra  aperta,  dunque.  Anche  al  Nord,  dove  Federico  ha  perduto

          Ravenna, Bologna resiste mentre Faenza è presa per fame e poi perdonata
          magnanimamente dall’imperatore. L’ostinazione di Federico nell’assedio
          di Faenza, durato sei mesi, si spiega con la posizione della città che sta
          sulla strada verso il sud.

             Ma l’accerchiamento a Roma e al pontefice sembra diventare almeno
          momentaneamente inutile, quando il vecchio papa Gregorio muore nella
          caldissima estate romana di quell’anno.
             Seguono  tempi  (due  anni)  confusi,  dove  è  difficile  scorgere  una

          linea precisa di comportamento e una strategia chiara nei due opposti
          schieramenti. Una cosa è certa: entrambi sembrano o vorrebbero portare
          le loro ragioni all’estremo, ma entrambi temono, o sembrano temere, la
          guerra  totale.  Mancano  in  entrambi  i  campi  adeguati  finanziamenti  e

          quindi uomini da arruolare.
             I cardinali presenti nell’Urbe, premuti e segregati in un edificio molto
          di  più  che  poco  confortevole,  guardati  a  vista  da  sentinelle  e  persino
          minacciati perché si decidano ad eleggere il nuovo pontefice, non riescono

          a mettersi d’accordo. Fermo e minaccioso, fuori dalla città Federico è
          però sul punto di rilasciare i due cardinali suoi prigionieri, Giacomo da



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