Page 132 - Federico II - Genio dei tempi
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SCOMUNICATO
Il giorno è solenne e pieno di presagi anche nella liturgia: è la domenica
delle Palme del 1239. Gregorio IX, nonostante l’opposizione di alcuni
cardinali e l’invito alla cautela di altri, scaglia su Federico la scomunica.
L’accusa è di essersi impadronito di alcuni territori della chiesa, di aver
impedito ai ministri papali di muoversi liberamente, di aver ostacolato la
conversione di un principe tunisino al cristianesimo: tutto ciò riguarda nella
sostanza il rapporto di Federico con la chiesa di Roma ed è condensato
ed esemplificato nelle parole del pontefice con la citazione di avvenimenti
oggettivamente non rilevanti. L’unico elemento che spicca nel quadro
delle accuse è la denuncia del comportamento di Federico verso il clero
siciliano, le gravose tasse imposte, la confisca di alcune proprietà, e la
sua intrusione sobillatrice nella città di Roma contro lo stesso pontefice.
Con i suoi atti irrispettosi o peggio ostili verso la istituzione ecclesiastica,
Federico aveva mostrato secondo il papa anche la sua irreligiosità. Questa
era sul piano spirituale l’accusa che doveva amplificare e sostenere lo
scontro antico in rebus temporalibus, nelle cose del mondo terreno.
Il papa invia in tutte le corti europee ambasciatori a render nota la bolla
di scomunica, mentre nel regno di Sicilia Federico proibisce l’applicazione
dell’interdetto papale agli uffici divini. La scomunica scagliata dal papa
mostrava anche troppo bene ai sovrani europei i possibili pericoli di un
intervento papale in temporalibus, ossia negli affari dei regni europei:
aspetto che Federico non tralascia di sottolineare. «Quando un incendio
divampa vicino a voi dovete affrettarvi a inondare la vostra stessa casa di
acqua».
Luigi IX di Francia non si mostra disponibile a lasciarsi sottomettere
dalle grida romane e fa notare chiaramente al papa sia che le sue pressioni
su Federico sono state troppo pesanti ed estreme sia che una scomunica
comminata dal concilio sarebbe stata più corretta e efficace. Quanto a
Enrico III d’Inghilterra, cognato di Federico, possiamo immaginare che
il comportamento di Gregorio IX lo allarmi non poco come sovrano, ma
di fatto la prudenza la vince sul legame di parentela e l’alleanza con
l’imperatore. Una prudenza che Federico rimprovererà con decisione.
La linea difensiva dell’imperatore è contenuta prima in un discorso
tenuto a Padova dove denuncia l’ingiustizia del gravissimo attacco,
ma soprattutto nella lettera ai sovrani stesa da Pier delle Vigne dove
Federico è paragonato al Cristo fra i farisei. «Essi dissero: attacchiamolo
e mostriamo le nostre frecce pronte a colpire, colpire e ferire così che
ferito egli cada e cada senza potersi risollevare. Il suo è un sogno vuoto».
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