Page 127 - Federico II - Genio dei tempi
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alle fosse comuni, porte della città sbarrate e sorvegliate a tutte le ore,
esecuzioni senza nessuna garanzia di un equo processo, beni dei nemici
incamerati. Il clero era perseguitato e spogliato di tutto e veniva perseguita
la demolizione sistematica delle grandi famiglie. Federico II muore nel
1250, un anno dopo la grande svolta di Ezzelino, che gli sopravvive di
nove anni: la sua tirannide sembra essersi nutrita in quel periodo solo di
male senza ragione.
Furono i veneziani alleati del papa a scatenare per primi la campagna
finale contro il «perfido e iniquo tiranno... il persecutore della fede cristiana»
e un anno dopo la sua morte a ordinare la strage che abbatté tutta la
famiglia: «Alberico il fratello di Ezzelino e i suoi figli dovevano essere
appesi alla coda di un cavallo, trascinati per tutta la città e poi impiccati
per la gola». Le donne, madri, spose e figlie - si intimava - dovevano
essere bruciate.
Ma durante gli anni dell’alleanza con Federico e della grande espansione
territoriale, la fisionomia del vicario e genero dell’imperatore (aveva
sposata la figlia Selvaggia) non era ancora stata cancellata da quella del
feroce tiranno e altri tratti di virtute e intelligenza politica rimanevano
evidenti.
Ezzelino era vissuto in una terra «gioiosa» e ricca d’arte ed è proprio
Rolandino da Padova, il cronista nemico, a ricordarcelo: «morti i due
fratelli [Ezzelino e Alberico] tacquero gli strumenti di musica e le canzoni
d’amore. Dovunque si sentiva solo il triste canto dei penitenti».
SCENE DI GUERRA
Ma l’arte più grande e congeniale praticata dal signore della Marca fu
senza dubbio quella della guerra.
Ezzelino si circondò sempre di uomini capaci e fedeli e usò, per
raggiungere i suoi scopi, armi e macchine all’avanguardia per quei tempi.
«Per recare ad effetto gli occulti pensieri di tirannide voleanci uomini
affezzionati a vita e morte alieni da ogni amore di parte, ai quali un
cenno fosse legge e il denaro idolo». Chi potevano essere? Innanzitutto
le «masnade avite» e poi i mercenari tedeschi e saraceni. Nel 1226,
quando in un gelido inverno Ezzelino piombò su Verona, erano con lui
gli uomini di Bassano e del Pedemonte con i quali Ezzelino aveva fatto il
suo apprendistato di comando fin dalle prime battaglie, quegli stessi che
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