Page 123 - Federico II - Genio dei tempi
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errata? Bisogna tener conto del wishful thinking di Salimbene, che lo
          induceva a credere che mai i romani potessero esaltare un imperatore

          da lui considerato l’Anticristo. Ma a sua parziale discolpa bisogna anche
          ricordare che altre testimonianze ci parlano con evidenza del fatto che non
          tutta la cittadinanza romana era stata pronta ad accogliere trionfalmente
          la vittoria di Federico.

             Una vera lettera-proclama dell’imperatore accompagnava il dono del
          Carroccio ai cittadini e al senato di Roma: Ora voi vedete che il trionfo è di
          necessità condotto alla sua origine naturale e noi non potremmo levar alto
          il decoro imperiale senza innalzare l’onore della città che noi riconosciamo

          origine dell’impero... Noi guardiamo alla memoria degli antichi Cesari ai
          quali il senato e il popolo romano decretarono il trionfo e l’alloro per le
          gloriose gesta compiute... Sotto le vittoriose insegne vi destiniamo, vinta
          Milano, il Carroccio di quel comune che è il capo della fazione d’Italia

          come preda e spoglia del nemico... La vittoria doveva portare «la pace al
          popolo» e a lui, Federico, «la gloria».
             La  realtà  in  cui  si  muoveva  Federico  in  quel  momento  era  meno
          altisonante del suo proclama ai romani. L’appoggio su cui l’imperatore

          doveva e poteva contare era nel concreto il favore della nobiltà romana
          (per esempio le casate dei Colonna e dei Frangipane), dalla quale aveva
          comperato alcuni territori in città restituendoli poi agli ex proprietari come
          feudi con vantaggio evidente di entrambi i contraenti. Una operazione che

          Federico aveva iniziato anni prima per ingraziarsi gli aristocratici romani
          mediante esenzioni fiscali e donazioni periodiche, qualcosa insomma di
          molto solido, ben valutabile e naturalmente apprezzato oltre e più delle
          magnifiche dichiarazioni di omaggio alla «Felix Roma compartecipe della

          sua gloria».
             Osserviamo  qualcos’altro  di  concreto  nel  contesto  della  vittoria  a
          Cortenuova:  Federico  era  oramai  impantanato  nelle  lotte  e  nei  dissidi
          italiani in un contesto dal quale tuttavia traeva le sue alleanze e molte delle

          sue possibilità. Città e signori, salvo alcuni fedelissimi come Cremona ed
          Ezzelino da Romano da un lato e dall’altro il comune di Milano, erano
          pronti in ogni momento a passare da un campo ali altro: la guerra era
          ed era sempre stata soprattutto per le citta una guerra di conquista del

          territorio o delle vie del commercio, una contesa interna a un’area alla
          quale profondamente appartenevano. Gli esempi di Piacenza e Venezia
          lo dimostrano
             Ma su Ezzelmo da Romano signore della Marca e la sua guerra conviene

          invece fermarci un poco.





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