Page 128 - Federico II - Genio dei tempi
P. 128
saranno per tutto l’arco della sua violenta signoria - trent’anni - i guerrieri
più fidati al suo fianco.
Quanti formavano questo nucleo forte della potenza militare di
Ezzelino? All’inizio, quando attaccò veronesi e vicentini sul fiume Brenta,
almeno mille. Fidati e destri i componenti di questa élite militare erano
temuti e ingiuriati dai nemici (segno questo della loro temibile capacità):
erano, come diceva il legato pontificio, «ribaldi a soldo che arrivavano dai
selvaggi villaggi del Pedemonte, nudi, affamati e inermi». Inermi (ossia
armati alla meno < peggio), nudi (ossia senza risorse) e di conseguenza
«avidissimi» \ e terribili, è verosimile; ma si deve credere che il legame
più saldo j con queste «masnade» fosse fondato sul rapporto personale
con la famiglia dei da Romano e non semplicemente sul denaro.
Di mercenari veri e propri era invece composto il contingente di lombardi,
pugliesi e tedeschi che ingrossarono le fila dell’esercito di Ezzelino dopo
la sua allenza con l’imperatore Federico e la conquista di Vicenza nel
1236, soldati destinati per la loro abilità di tiratori con l’arco a difesa delle
mura e dei castelli conquistati. Persone visibilmente estranee al territorio,
tanto che un cronista annota che «tutta la Marchia sembra oramai piena
di tedeschi e Saraceni». Un aspetto questo che non doveva essere
insignificante in quella lotta: le crociate non erano lontane nel ricordo di
coloro che vi avevano partecipato e nell’immaginario tenuto vivo dalle
storie narrate sulle epiche vicende in Terrasanta. Che nell’esercito di
Ezzelino ci fossero realmente dei saraceni spiega in parte anche il fatto
che coloro che combattevano contro il signore da Romano portassero il
segno della croce proprio come in una guerra contro gli infedeli. I saraceni
non venivano fatti prigionieri quando erano sconfitti, venivano tutti uccisi
e «come animali bruti o cani rabbiosi macellati».
Quanto ai tedeschi, segno tangibile dell’alleanza e dell’amicizia
dell’imperatore che glieli aveva messi vicini, Ezzelino se ne fidava
completamente e si muoveva solo in loro compagnia, cavalcando in
mezzo a loro. Del resto erano cari anche al suo potente alleato Federico,
che affermava: «Per cavalieri vogliamo soltanto i tedeschi nella cui
esperienza di guerra confidiamo completamente». Agli abitanti delle città
e delle campagne assalite da Ezzelino, i tedeschi erano naturalmente
odiosissimi perché nemici e in più stranieri: «sono stupidissimi uomini -
scriveva il cronista - che hanno venduto la loro anima e il loro corpo per
denaro affrontando anche la scomunica».
Ma tedeschi, saraceni e uomini del Pedemonte erano comunque solo
una parte dell’esercito lanciato da Ezzelino alla conquista. Il grosso era
formato dai cittadini dei comuni conquistati, prima nemici e poi, attraverso
— 122 —